Si terrà in questi giorni l'ultimo grado di giudizio del processo sulla morte del giovane Vincenzo Giacco in cui sono imputati il Comune di Roccella Jonica e un professionista dipendente comunale.
Si ricorderà che l'appena ventitreeenne Vincenzo Giacco perse la vita il 29 dicembre del 2005 in seguito ad un incidente stradale sul lungomare di Roccella Jonica a causa di una grossa buca sulla strada ricolma di acqua per le piogge che si erano verificate nei giorni e nelle ore precedenti il tragico fatto.
Dopo una moltitudine di udienze ed una lunga serie di rinvii, il Comune di Roccella, insieme a due professionisti, in primo grado, erano stati condannati a pagare la cifra di 213 mila euro a titolo di risarcimento danni ed il rimborso delle spese legali ai familiari dei giovane roccellese scomparso. I due professionisti del Comune, inoltre, erano stati condannati ad un totale di dieci mesi di reclusione.
Nel processo di secondo grado un dipendente comunale è stato assolto per non aver commesso il fatto.
In cassazione, quindi, gli imputati saranno il Comune di Roccella Jonica e un professionista impiegato del nostro Ente.
Il ricorso presentato dal Comune riapre la ferita per la famiglia Giacco, che mai riavranno indietro il loro caro Vincenzo, e che oggi si ritrovano a patire l'ultimo processo che ruota intorno ad un'unica certezza: se non ci fosse stata quella voragine piena d'acqua che ha causato l'incidente, la giovane vita di un nostro ragazzo non si sarebbe persa!
Per chi non fosse a conoscenza della tragica vicenda di Vincenzo Giacco, riporto una lettera aperta inviata alla stampa nel 2010 dalla famiglia che, oltre alla sofferenza per la perdita del loro caro, riferisce di anni e anni di udienze che ogni volta riaprono la ferita e danno l'impressione che della parola giustizia non si venga mai a capo.
Per chi non fosse a conoscenza della tragica vicenda di Vincenzo Giacco, riporto una lettera aperta inviata alla stampa nel 2010 dalla famiglia che, oltre alla sofferenza per la perdita del loro caro, riferisce di anni e anni di udienze che ogni volta riaprono la ferita e danno l'impressione che della parola giustizia non si venga mai a capo.
Vi terremo informati sull'esito del processo.
da http://www.strill.it/
Quando la giustizia uccide due volte: si muore anche di omissioni.
L’incidente che ha portato via nostro figlio si verificava in data 29 dicembre 2005 sul lungomare del Comune di Roccella Jonica: a causa del dissestato manto stradale, e nello specifico per la presenza di una grossa buca ricoperta d’acqua, il veicolo su cui viaggiava sbandava ed andava a scontrarsi con la vettura procedente in senso contrario.
I soggetti che avevano il dovere di vigilare e di mantenere la strada in buono stato d’uso, onde evitare che essa si trasformasse per gli automobilisti in un’insidia occulta, non vi hanno provveduto e sono ora sotto processo dinanzi il Tribunale Penale di Siderno: sarà il Giudice a pronunciarsi sulla loro responsabilità.
Non è difficile immaginare come, dal giorno dell’incidente, le nostre vite siano completamente cambiate. Il dolore da affrontare ogni giorno è sempre fortissimo e lo sentiamo crescere e riacutizzarsi ad ogni udienza del processo. Nonostante, infatti, l’impegno ed il pugno duro dell’Avv. Antonio Ferreri del foro di Locri e dell’Avv. Daniele Abenavoli del foro di Reggio Calabria, che ci rappresentano nel processo come parti civili, cogliamo l’impotenza dei predetti difensori che ad ogni udienza assistono sviliti ad incessanti richieste di rinvio che hanno determinato, di fatto, lo stallo del processo già da diversi mesi.
Ad ogni udienza, purtroppo, tocchiamo con mano l’inefficienza del sistema giustizia ed oggi, dopo ben 15 udienze (di cui la prima celebrata all’inizio del 2008) e una lunga serie di rinvii, non si è nemmeno arrivati ad esaurire la lista dei testimoni dell’accusa.
Di questo passo, è facile prevedere quale sia l’esito finale: la prescrizione piuttosto che l’accertamento della verità processuale come noi auspichiamo.
Non vogliamo lanciare accuse contro nessuno: semplicemente ci preme mettere in evidenza i limiti di un sistema che nemmeno di fronte alla morte di un ragazzino riesce a dotarsi di strumenti che consentano, in tempi ragionevoli, di accertare le colpe di ognuno.
Questa lettera la scriviamo perché, dopo due anni di processo e ben tre di indagini, ci siamo stancati di
assistere impotenti a continui rinvii processuali per l’impedimento ora di un teste, ora di un consulente, ora di un imputato, ora del suo difensore.
Tanto dobbiamo a nostro figlio morto prematuramente per l’insopportabile negligenza di chi non ha adempiuto ai suoi doveri e altrettanto insopportabile è l’inefficienza del sistema giustizia che potrebbe, senza una decisa inversione di marcia, avvantaggiare proprio i potenziali responsabili del tragico evento.
Giacco Gina
Giacco Rocco
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