Si puntualizza, innanzitutto, che non siamo stati mai mossi da alcuno e tanto meno da mani nascoste. Il ruolo di Re Travicello non ci appartiene.
Il ricorso amministrativo da noi presentato avverso l’operato di INVITALIA relativamente alla gara per la dismissione delle quote societarie detenute dalla stessa Invitalia nella srl ”Porto delle Grazie”, è dovuto non certo a spinte politiche o di qualsiasi altra natura, bensì alle vistose violazioni di legge che caratterizzano lo stesso bando di gara e l’operato di Invitalia. I motivi sono tutti spiegati nel ricorso stesso che andiamo a sintetizzarvi per una piena e corretta conoscenza del caso.
Il bando di gara prevedeva che, per poter presentare l’offerta di acquisto, era necessario essere ammessi alla data room istituita dalla stazione appaltante (Invitalia) per cui bisognava presentare domanda entro le ore 14 del 22 maggio 2015. E’ evidente pertanto che la presentazione di richiesta di ammissione alla data room non poteva essere presentata successivamente a tale data e conseguentemente chi non era ammesso alla data room non poteva partecipare alla gara.
Il bando di gara, in tre articoli diversi, stabiliva che i cinque lotti di partecipazione societaria erano messi in vendita per intero e che per nessun motivo potevano essere frazionati.
In data 9 giugno, e cioè ben 16 giorni dopo la scadenza del termine per poter richiedere l’ammissione alla data room e quindi per poter partecipare alla gara, Invitalia ha messo in pubblicazione due modelli di offerta per le quote di “Porto delle Grazie” riservando il 31% a soggetti pubblici ed il 20% a soggetti privati.
Tale operato costituisce gravissima violazione di legge e, in ogni caso, inficia tutta la procedura messa in atto per la vendita delle quote societarie.
Ma vi è di più: il bando di gara è stato emanato in esecuzione della legge 296/2006 e successive modifiche ed integrazioni. In particolare la legge 296/2006 (cosiddetto decreto Bersani) ha previsto la dismissione delle quote societarie o delle società interamente pubbliche in considerazioni al fatto che le stesse hanno accumulato passività per decine di miliardi di euro.
La successiva legge 244/2007 all’art.3 comma 27 stabilisce che: “Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ne assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza in tali società….”.
Il termine per ottemperare a tale imposizione è stato fissato, dal successivo articolo 29, in mesi 36 dalla data di entrata in vigore della legge stessa.
Tale termine è stato prorogato ulteriormente ed è scaduto il 31.12.2014, per cui il Comune di Roccella è pienamente inadempiente a un preciso disposto di legge. A meno che non sia stata abrogata da altra legge che conosce semplicemente ed esclusivamente il sindaco ed i suoi stretti collaboratori ma che non è stata mai resa pubblica ne nei loro convegni ne in Consiglio comunale e che gradiremmo conoscere visto che non è stata mai pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana.
Del resto che la richiamata disposizione dell’art.3 sia in vigore ed efficace lo precisa e chiarisce la stessa Invitalia nelle linee guida redatte a richiesta anche dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero del lavoro.
Il comma 612 dell’art.1 della legge di stabilità 2015 è riferito alle quote societarie o alle società detenute legittimamente dai soggetti pubblici e cioè è riferito a quelle società interessate alla produzione di servizi strettamente necessari per il raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente che sono quelli individuati dall’art.13 del testo unico 267/2000.
E’ chiaro pertanto che nessun Comune, tanto meno quello di Roccella Jonica, possono essere titolari di quote di società che svolgono gestione portuale.
Da quanto procede si può rilevare che la risposta agli interrogativi del Sindaco Certomà è semplicissima: i colpi di coda sono quelli espressi dai governi che si sono succeduti dal 2006 ad oggi giacché in ogni legge finanziaria sono state inserite norme per le dismissioni delle aziende a partecipazione pubblica che tanti guai economici hanno creato nel nostro Paese; ed inoltre la spinta alle interrogazioni parlamentari ed al ricorso amministrativo deriva solo ed esclusivamente dalla volontà di operare ed agire nella più perfetta legalità e legittimità impedendo a chiunque di violare leggi di ogni ordine e grado e di trincerarsi dietro menzogne e furbizie di quartiere.
Precisiamo inoltre che, se non ci fosse stata tanta arroganza da parte di Invitalia e dello stesso Comune di Roccella Jonica, non avremmo prodotto alcun ricorso amministrativo e, quindi, la perdita di tempo per la definizione del procedimento di vendita delle quote di Invitalia è da attribuire esclusivamente a questi due soggetti, il primo (Invitalia) perché ha cambiato il bando in corso ed ha dimenticato quello che aveva scritto appena qualche mese prima e cioè che ai sensi della 296/2006 è successive modifiche ed integrazioni( leggi anche legge 244/2007) i soggetti pubblici non possono detenere simili quote societarie, il secondo (Comune di Roccella) perché, ignorando una chiara normativa, ha tentato di acquisire nuove quote mentre avrebbe dovuto e deve dismettere addirittura quelle detenute.
Di tanto eravamo in dovere di riferire affinché venga fatta piena chiarezza su una vicenda dove è chiaro che il sindaco di Roccella Jonica, davanti alla volontà di ignorare una normativa di legge pienamente in vigore, cerca solo di arrampicarsi sugli specchi e creare confusione e propaganda mediatica alla quale non siamo interessati.
Mauro Mandarano – Nautic Service – Roccella Jonica lì 09.09.2015
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