Fonte: https://www.ilreggino.it Articolo di Ilario Balì.
Figlio di uno dei sette fratelli trucidati dai fascisti nel 1943, ha incontrato i militanti dell’Anpi alla Camera del lavoro della Cgil
«La storia di Lucano fa parte della storia della mia famiglia». Pensieri e parole di Adelmo Cervi che ieri ha voluto tributare un abbraccio di fraternità, pace e giustizia sociale all’ex sindaco di Riace, condannato in primo grado a 13 anni di reclusione per illeciti sulla gestione dei progetti di accoglienza ai migranti nel borgo della Locride.
«Le cattiverie scritte e dette su di lui sono una cosa indecente – ha osservato Cervi – Riace è un punto di riferimento per tutti, soprattutto per tutti i migranti che arrivano e che vengono trattati malamente come se fossero la rovina del mondo civile».
Alla camera del lavoro della Cgil Cervi ha incontrato anche gli iscritti e i militanti antifascisti dell’Anpi.
Suo padre era uno dei sette fratelli Cervi, torturati e fucilati dai fascisti nel 1943 per la loro attività partigiana.
Adelmo era nato appena pochi mesi prima di quel drammatico epilogo e la sua vita è stata tutta dedicata a salvaguardare la memoria di quegli eventi e a tramandare i valori che guidavano le gesta del padre e degli zii, come racconta nel suo ultimo libro “I miei sette padri”.
Al suo interno trovano spazio non solo lotte politiche e ideali trasmessi di padre in figlio, voglia di rivalsa e di giustizia sociale, ma anche autentiche fotografie di vita quotidiana e di un mondo contadino ormai scomparso.
«A Mimmo ho detto di continuare a combattere e di non abbattersi – ha concluso Cervi – perché purtroppo il mondo è pieno di ingiustizie»
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