“Homo faber suae quisque fortunae".
È il motto di Roberto Furfaro nato a Roccella Ionica e oggi Professore ordinario di ingegneria dei sistemi spaziali all’Universita’ dell’Arizona.
E’ direttore sia dello Space Engineering Research Laboratory (SSEL) che dello Space Situational Awareness Arizona (SSA-Arizona) Initiative.
Si e’ laureato nel 1998 in ingegneria aeronautica con lode alla Universita’ Di Roma “La Sapienza” e nel 2004 ha ricevuto il dottorato in ingegneria aerospaziale all’Universita’ dell’Arizona.
E’ seguita una splendida carriera, piena di incarichi e pubblicazioni scientifiche e nel 2021 ha ricevuto il prestigioso premio “Da Vinci Fellow” riservato a professori dell’Universita’ dell’Arizona che hanno dimostrato alto impatto e contributo nell’ingegneria nazionale e internazionale. In suo onore, l’asteroide WX 2003 e’ stato rinominato “133474 Roberto Furfaro”.
Mi ha onorato di questa bella intervista, dove le domande hanno trovato sfogo nello straripante racconto di un Protagonista orgoglioso delle sue radici e noi orgogliosi di Lui.
Quanto e’ lontana Roccella Jonica da Marte? Raccontaci la tua meravigliosa esperienza
Lontana, ma molto meno di quello che si pensa. Sono cresciuto a Roccella Jonica, un meraviglioso paese del profondo sud, da genitori nati e cresciuti nello stesso paese. Sin da piccolo ho sviluppato una passione smisurata per la matematica e per le science, specialmente la fisica. Credo sia stata stimolata dalle enorme quantita’ di libri scientifici che circolavano a casa mia. Un ricordo che ho da bambino e’ il mio sfogliare libri di fisica avanzata guardando con curiosita’ equazioni di cui non avevo idea ma che esercitavano su di me un fascino magnetico. Scuola elementare, scuola media, tecnico industriale e poi Universita’ di Roma: iscrizione in laurea in ingegneria aeronautica con l’idea di frequentare la famosa scuola di ingegneria aerospaziale post-laurea. Inizio difficile, non facile adattarsi ad una grande citta’ venendo da un paese piccolo, ma comunque in testa l’idea di fare grandi cose nel campo spaziale, nonostante il qualunquismo dominante tipico della capitale, che guarda tutti con scetticismo. Verso la fine del corso di studi, riesco a seguire le materie di ingegneria spaziale alla scuola di aerospaziale. Nonostante accademicamente le cose procedano bene, una vocina interna mi suggerisce che se voglio davvero fare la differenza devo andare in America a confrontarmi con le migliori menti del campo. L’occasione capita nel 1997 quando vado ad una conferenza per incontrare il direttore del NASA Space Engineering Research Center in Arizona. Molto sfacciatamente chiedo se e’ possibile passare un periodo al centro per sviluppare la tesi e lavorare su un rover capace di produrre propellente dall’atmosfera marziana. Mi dice di si, e via: si parte per l’Arizona. Passo un periodo stupendo che mi convince che la mia strada e’ in USA.
Dopo aver discusso la tesi, riparto in Arizona. Vengo assunto dal centro NASA come project manager e allo stesso tempo completo il dottorato - in America lo chiamano “Philosphy Doctor”: sei chiamato dottore solo se hai un dottorato. Da li tutto e’ andato in crescendo: sono stato e sono coinvolto in progetti entusiasmanti che riguardano l’esplorazione spaziale ma anche in campi di ricerca che vanno dall’intelligenza artificiale, alla guida e controllo di veicoli aerospaziali, alla matematica applicata. Qui in Arizona mi hanno dato carta bianca: a parte sviluppare con miei colleghi missioni NASA, sono diventato professore di ingegneria dei sistemi spaziali, dirigo il mio laboratorio, lo Space Systems Engineering Laboratory, e sono direttore di una della Space Situational Awareness Arizona Initiative dove un gruppo di ricercatori e professori lavora con le forze spaziali americane per le osservazioni ed il monitoraggio di satelliti terrestri ed oltre. Qui in Arizona, abbiamo fatto una serie di missioni sia per Marte che per asteroidi. Siamo stati i primi a scoprire acqua su Marte, siamo atterrati nel 2008 sul polo nord marziano e confermato la presenza di ghiaccio. Stiamo conducendo due missioni, ovvero NASA OSIRIS REx Asteroid Sample Return Mission, che riportera’ un campione dell’asteroide Bennu nel 2023, e la NASA NEO Surveillance Mission che lanceremo nel 2024 e mappera’ piu’ del 90% di tutti gli asteroidi piu’ grandi di 140 metri. Insomma, una marea di progetti di cui condivido la leadership che alla fine vengono fuori da un’intensa attivita’ di ricerca, passione, conoscenza acquisita e sviluppata negli anni con costante applicazione. Quasi dimenticavo: alla fine questi sforzi sono riconosciuti. Per esempio mi hanno appena nominato “Da Vinci Fellow”, un riconoscimento dato ad un professore Universitario all’ anno per essere leader nazionale ed internazionale nel campo dell’ingegneria spaziale. In onore del mio contributo alla esplorazione spaziale, l’asteroide 2003 WX e’ stato rinominato “133474 Roberto Furfaro”.
Quanto incidono le tue radici nel tuo successo personale?
La storia della mia vita inizia a Roccella Jonica e come tale le mie radici hanno avuto un contributo primario in tutto quello che faccio. Strana terra la nostra: nonostante tutti i problemi che abbiamo, riesce a dar nascita a persone che diventano eccellenze in molti campi: scienze, medicina, arte, cultura, cinema ecc. Pero’ questa e’ una terra che non aiuta a forgiare e a coltivare i talenti: non ci sono strutture che possano aiutare la nostra gente ad esplodere ed in genera l’ambiente non aiuta i nuovi talenti a pensare in grande. Al contrario, c’e’ sempre stata una forte tendenza a buttare giu’ sogni e aspirazioni. Ricordo da piccolo ed adolescente, lo scetticismo che circondava le mie parole quando dicevo che sarei diventato uno scienziato ed ingegnere di livello mondiale. A parte i miei genitori, non ricordo parole di incoraggiamento ed in genere non ricordo persone specifiche che credessero nelle mie potenzialita’. Nonostante avessi i voti migliori del mio istituto, percepivo intorno sempre una sorta di dubbio ed atteggiamento quasi disdegnante circa la possibilita’ di aspirare a qualcosa che fosse su scala globale. Ma credo questo sia un problema italiano in generale, ed al sud i problemi vengono accentuati.
Dai classici, il mio motto e’ stato sempre “Homo faber suae quisque fortunae” ovvero ogni uomo e’ artefice del suo destino, motto che si sposa bene con la tradizione statunitense del “I know, I can do it” (so che lo posso fare). La Calabria e’ una terra baciata dal sole e dal mare, con una tradizione storica derivante dagli antichi greci, con persone di una intelligenza, spessore e creativita’ fuori dal comune. Mi dispiace davvero dirlo, ma credo che per emergere, dalle nostre parti si debba fare doppia fatica, con molti che si perdono per strada.
Come si concilia un’attivita’ cosi’ intensa con la vita personale?
Quando si arriva a fare cio’ che faccio a questi livelli, non esiste una chiara separazione tra vita personale e lavoro. In realta’ cio’ che faccio non lo sento come lavoro ma quasi come una passione ed una sfida. La mente e’ sempre concentrata sui vari progetti e la fatica quasi non si sente. La vita personale si interseca completamente con le missioni e la ricerca ed uno deve essere bravo a farle incastrare. Per esempio sono stato invitato a parlare in tutti i continenti, dalla Russia al Giappone, per cui si viaggia tantissimo, con l’eccezione di questo periodo pandemico. Di solito la famiglia viene con me cosi’ si riesce a visitare nuovi posti insieme. Ovviamente il supporto familiare e’ importante.
Cosa significa lavorare in un team con culture diverse e esperienze diverse, l’integrazione presenta difficolta’?
In generale, quando facciamo missioni spaziali, i teams sono multi-istituzionali e comprendono industrie, universita’, laboratori ecc. Tutto cio’ si sovrappone al fatto che gli Stati Uniti sono un crogiuolo di razze con diverse culture e backgrounds. Ovviamente, tutto questo complica il lavoro, perche’ molta energia viene spesa per cercare di capire il modo di lavorare dell’altro ed evitare tensioni che possono essere nocive alla riuscita del progetto. Pero’ quando esiste un obiettivo comune, integrato con la cultura del successo e del raggiungere livelli sempre piu’ alti, si riesce a lavorare tutti nella stessa direzione e creare un ambiente propositivo che consenta la realizzazione di qualcosa che non e’ mai stato fatto prima. Per esempio, con NASA OSIRIS REx, per la prima volta nella storia americana, portiamo a terra un campione di un asteroide dallo spazio profondo. Guardare in alto e si trova il sistema di riuscire a realizzare l’impossibile nonostante le difficolta.
Ci spieghi l’importanza di questi studi ed esperimenti rispetto alla nostra quotidianita’?
Da una parte c’e’ l’esplorazione spaziale che e’ legata all’obbiettivo scientifico di capire il nostro sistema solare, dall’altra c’e’ la creazione di nuovi metodi e tecnologie capaci di cambiare la nostra vita e risolvere i problemi quotidiani. In generale, non tutti comprendono il motivo del perche’ si spendono soldi pubblici per la ricerca in generale e le missioni spaziali in particolare. Una delle domande principali e’ la seguente: “perche’ spendiamo miliardi per andare su Marte e non dedichiamo questi soldi a risolvere i problemi terrestri, per esempio, fame, poverta’ecc.”. La risposta e’ complessa ma cerco brevemente di articolare il mio pensiero. Innazitutto la creazione diretta di nuova tecnologia che aiuta a migliorare la condizione umana con benefici economici. Per esempio, si stima che per ogni dollaro speso nel programma Apollo, c’e’ stato un ritorno economico di circa 8 dollari di cui ne ha beneficiato l’economia americana. Tecnologia spaziale ha creato per esempio il GPS per la navigazione terrestre, consente di costruire satelliti per fare monitoraggio dallo spazio di risorse naturali, consente la distribuzione di internet su scala globale - vedere per esempio lo SpaceX di Elon Musk che per il 2029 mettera’ 12.000 satelliti in orbita, consentendo accesso ad internet su scala mondiale. Internet garantito nelle zone piu remote consentira’ ai paesi piu’ poveri accesso ad informazione ed educazione per le generazioni future. Monitoraggio di risorse naturali consente mappatura di minerali, agricoltura specializzata in zone difficili per la creazione locale di cibo. Solo due esempi che possono aiutare paesi poveri a risolvere i loro problemi.
Ma c’e’ un altro aspetto piu’ che altro politico. Per esempio, la colonizzazione umana del sistema solare potrebbe avere conseguenze geopolitiche enormi. Si pensi alla formazione delle colonie americane con gente disperata che lascia la propria terra andando verso l’incerto. Tutto questo ha creato, con tutte le critiche che si possono fare, quella grande nazione chiamata Stati Uniti che rappresenta il simbolo del progresso mondiale e della ricerca della liberta’. Immaginate cosa potrebbe succedere con la formazione di colonie Lunari e/o Marziani. Paradossalmente, l’impatto di un nuovo mondo esteso al sistema solare potrebbe aiutare a risolvere i problemi che abbiamo sulla Terra. Discorso sarebbe molto piu’ ampio, ma mi fermo qui.
Cosa farai da grande, vedi un rientro in Italia nel tuo futuro?
Ho molte sfide nei prossimi 20 anni. Per esempio, abbiamo iniziato a sviluppare sistemi di intelligenza artificiale con reti neurali che controllano satelliti e prendono decisioni autonome per l’atterraggio su pianeti, asteroidi o comete. Oppure sistemi di osservazione che consentano di regolare il traffico spaziale sia in prossimita’ della terra che della luna. Sfide che si estendono a far volare autonomamente aerei ipersonici con velocita’ 10 volte quella del suono. Tante cose da fare, tante sfide entusiasmanti. Non vedo un rientro in Italia. Non che non ce ne sia stata l’opportunita’, ma ormai sono abituato a lavorare in un certo modo, con certe condizioni finanziarie e con certi teams. Contribuisco all’Italia con collaborazioni solide come quelle con il dipartimento di scienze aerospaziali del Politecnico di Milano e con la Scuola di Ingegneria Aerospaziale alla Sapienza. Di solito scambiamo studenti e periodicamente faccio dei seminari sui progetti che facciamo qui in America. Ed ovviamente ritornare periodicamente in Calabria in generale a Roccella Jonica in particolare, per ritrovare i vecchi sapori e le vecchie radici.
Intervista realizzata e pubblicata per il settimanale "La Riviera" n.10 di Domenica 7 Marzo 2021.
Grande Roberto, siamo orgogliosi di Te. E' propio vero, la "medicina" è quella di andare all'estero dove esiste la vera MERITOCRAZIA e ad emergere sono quelli realmente più bravi. Da questo punto di vista l'Italia resta un paese retrogrado, fatto di raccomandazioni e clientelismo. Un paese rovinato da una classe politica, tutta, da destra a sinistra e viceversa che grazie al cosiddetto voto di scambio ha incenerito la genialità dei nostri giovani cervelli, spedendoli di fatto all'estero. Noi ci siamo tenuti la peggiore delle accozzaglie, 'i figli di', 'i nipoti di', 'i cucini di', 'i compari di' e per non farci mancare proprio nulla 'gli amici di'. Sta di fatto che in questo paese la stragrande maggioranza di impieghi pubblici non appartengono a chi poi li esercita indegnamente. Come ci rivela lo stesso Palamara in una recenti inchiesta, partendo da giudici che non dovevano essere giudici per arrivare a impiegati comunali che non dovevano essere impiegati comunali, di mezzo ci sono Ministeri, Regioni, Enti e Forze dell'ordine. Roberto Furfaro rappresenta il genio italiano, il classico cervello in fuga, il mio modesto consiglio ai nostri giovani orgogliosi del proprio talento, è quello di scappare più lontano possibile da questo nostro bel paese con la storica passione per le lobbies, a mettersi in gioco con merito. Bravo e ancora complimenti a Roberto Furfaro. RH
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