di Vanessa Riitano
Le diverse (e a tratti surreali) opinioni che sono serpeggiate negli ultimi giorni presso la nostra comunità relativamente alla questione immigrati, altro non sono che le diverse sfaccettature del medesimo problema, la cui cifra significativa è che l'accoglienza non è un gioco da ragazzi e che, probabilmente, in questo gioco qualcuno ha dimenticato le regole.
Parto subito da un dato tecnico: la struttura in cui attualmente sono ospitati i nostri amici richiedenti asilo, è una struttura fatiscente e inagibile (e su questo potete star certi, poiché l'asl è stata spostata nel vecchio mercato coperto proprio per questo motivo). Pertanto la prima vera necessità è spostarli da la, se davvero si tiene alla loro salute e sicurezza.
Secondo dato allarmante: quella che inizialmente doveva essere una prima risposta all'emergenza si è trasformata in uno stato di permanenza (diciamo forzata) di due mesi che sta producendo le sue ovvie conseguenze: ragazzi, che non sapendo cosa fare, girovagano senza sosta nel paese alla ricerca di una rete Wi-Fi libera, per cercare di parlare -giustamente- con i loro familiari; oppure ragazzi chiusi "nel recinto" del centro di accoglienza, con gli occhi spenti e tristi, che pensano solo di raggiungere le loro mete e i loro cari. Alle volte, passando da là, mi sembra quasi un ghetto, 30/40 ragazzi ammassati nel cortile a fare nulla.
Terza osservazione: la vera accoglienza non è dimenticarsi delle persone ed accontentarsi che il proprio paese sia definito "solidale", ma è programmare, per quanto di competenza, il futuro prossimo venturo di questi ragazzi: Dove andranno? C'è qualche altro loro familiare in Italia ? Una volta ricongiuntisi alle loro famiglie, cosa faranno per guadagnarsi onestamente il pane? Parto subito da un dato tecnico: la struttura in cui attualmente sono ospitati i nostri amici richiedenti asilo, è una struttura fatiscente e inagibile (e su questo potete star certi, poiché l'asl è stata spostata nel vecchio mercato coperto proprio per questo motivo). Pertanto la prima vera necessità è spostarli da la, se davvero si tiene alla loro salute e sicurezza.
Secondo dato allarmante: quella che inizialmente doveva essere una prima risposta all'emergenza si è trasformata in uno stato di permanenza (diciamo forzata) di due mesi che sta producendo le sue ovvie conseguenze: ragazzi, che non sapendo cosa fare, girovagano senza sosta nel paese alla ricerca di una rete Wi-Fi libera, per cercare di parlare -giustamente- con i loro familiari; oppure ragazzi chiusi "nel recinto" del centro di accoglienza, con gli occhi spenti e tristi, che pensano solo di raggiungere le loro mete e i loro cari. Alle volte, passando da là, mi sembra quasi un ghetto, 30/40 ragazzi ammassati nel cortile a fare nulla.
Dopo aver dato risposte sistematiche a queste domande si può anche addossare la colpa alla lentezza delle alte istituzioni, ma nel frattempo una cosa si può e si deve fare: prendersi le proprie responsabilità di amministrazione e cercare di riabilitare questi nostri amici alla dignità di uomini, dando loro la possibilità di rendersi utili, attivi e integrati (tramite per esempio lavori di pubblica utilità) nei confronti del nostro paese che, in qualche modo, sta dando loro una seconda possibilità di riscatto sociale in questo mondo.
Vanessa.
A margine delle condivisibili e nobili considerazioni di Vanessa Riitano, voglio riportare un articolo tutt'ora pubblicato sul sito del Comune di Roccella Jonica datato 9 febbraio 2009, relativamente alle condizioni e alla chiusura del Polo Sanitario di via Cavone (dove ora sono ospitati i nostri fratelli profughi) (http://www.comune.roccella.rc.it/dettaglio.asp?id_a=1118):
Da lunedì 9 febbraio il Polo sanitario ex Saub di via Cavone è chiuso per lavori di ristrutturazione. Un provvedimento che c’era da aspettarsi, considerata la situazione strutturale dell’edificio (un immobile a tre piani con diffusi problemi di umidità, impianti non a norma e un ascensore non funzionante, con difficoltà immaginabili per i disabili) al limite della vivibilità e della sicurezza sia per i numerosi dipendenti che per gli altrettanti numerosi utenti che vi accedevano per usufruire di diversi servizi: dall’ufficio sanitario alla guardia medica, dal consultorio alla visite specialistiche in varie branche mediche.
I lavori di manutenzione e di ripristino dell'agibilità della struttura riguarderanno sia l’esterno che l’interno dell’immobile a tre piani e del cortile che lo ospita. Oltre ad intervenire sul solaio di copertura, sui terrazzi del primo piano, su cornicioni e intonaci i lavori riguarderanno, tra le altre cose, anche: il rifacimento e messa a norma degli impianti idrico, elettrico, di riscaldamento e antincendio; il rifacimento della pavimentazione e dei servizi igienici; la sostituzione degli infissi; l’abbattimento delle barriere architettoniche. Un immobile in condizioni obsolete, come si può evincere da un rapido quadro degli interventi urgenti di cui necessita, così numerosi e seri da consigliarne la chiusura temporanea.
Dal 2009 ad oggi, oltre ad intervenire sui cornicioni esterni, nessun lavoro di manutenzione è stato effettuato sulla struttura dell' "Ospedaletto" dove oggi vengono ospitati circa 90 persone in condizioni disumane; condizioni per le quali, qualche giorno fa, i profughi, in attesa di asilo da ormai oltre due mesi, hanno inscenato una pacifica e civilissima protesta andando a dormire sui marciapiedi esterni della struttura.
non mi piace affatto questo tipo di accoglienza perché dietro c'è solo ed esclusivamente il BUSINESS sulle vite umane punto primo perciò vergogna a chi si presta a questo squallido servizio talmente scadente vista anche la struttura. punto due mi domando quante contraddizioni degli attuali amministartori a dare questo posto incoerenti e superficiali non si gioca con la vita delle persone. Punto tre ormai il paese è invaso anche da queste persone ci sono già tanti problemi ma non credo affatto in questo tipo di integrazione gente che bivacca e fa i comodi propri in giro e oggi ti viene la paura a lascire le ragazzine in giro da sole. vergognatevi tutti . Stella P.
RispondiEliminaQuesta volta rimango volentieri fuori da coro ed evito di strumentalizzare politicamente una questione che oramai è divenuta ingestibile. Mi è bastato vedere le immagini della - un tempo - bella Parigi o quella della nostra Milan, la gran Milan, per capire che è inutile strumentalizzare con gli immigrati. Premettiamo subito che la nostra crisi economica nulla ha a che vedere con i flussi migratori di questi tempi ma al tempo stesso l'esodo biblico a cui stiamo assistendo è divenuto indecorso anche per i luoghi del bel paese. E' risaputo che l'80% dei migranti che giungono sulle nostre coste non avrebbe alcun diritto per chiedere lo status di rifugiato politico o di guerra; ma al tempo stesso noi ci prendiamo cura di tutti alloggiandoli in strutture di fortuna e fornendogli il minimo indispensabile per il sostentamento. Trovare difetti in questa gestione sarebbe come sparare sulla croce rossa ma è poco costruttiva sopratutto se fatta in un paese dove la disoccupazione, specie quella giovanile oramai ha raggiunto limiti insopportabili; dove le politiche sociali sono inesistenti; le scuole sono quasi tutte vecchie e cadenti; in alcuni casi, specie al nord i riscaldamenti negli istituti non funzionano e non raggiungono la temperatura del minimo legale; i genitori sono obbligati a comprare la carta igienica per le classi dei propri figli; le mense scolastiche fanno realmente schifo. Cosa voglio dire? Che la protesta dei migranti non ha senso specie se fatta in una nazione con mille difficoltà che però si distingue quotidianamente per i salvataggi in mare. Ragazzi non avventuratevi in questo problema perché è più grande di voi, dell'amministrazione comunale, dell'opposizione tutta e di qualunque nazione. La bacchetta magica non esiste e siamo solo all'inizio visto che gli americani ci hanno già avvertito, il flusso con ritmi crescenti continuerà ancora per oltre 15 anni. Spero di sbagliarmi ma se non si troveranno al più presto soluzioni drastiche per fermare i flussi temo che prima o poi diventerà un problema sociale, una specie di bomba ad orologeria. Robin Hood
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