Quest'anno dal 28 al 30 gennaio, nei giorni in cui si ricorda in tutta Europa la terrificante strage della Shoah, tocca al fotografo roccellese Pino Curtale raccontare e trasmettere agli studenti e ai roccellesi tutti ciò ch'è stato l'Olocausto, ciò ch'è realmente successo nel terribile campo di concentramento di Auschwitz, quel che resta di quello che è il luogo dove si sono verificati le stragi razziste più vergognose della storia dell'Umanità.
Un'esperienza quella di Pino Curtale molto intensa, vissuta insieme all'amico Domenico Scali meno di un anno fa, carica di forti sensazioni che al rientro ha tentato di raccontare in una relazione a dir poco toccante e dal titolo emblematico: "Fotografare con gli occhi bagnati", di cui ho il piacere di riportare alcuni passaggi.
Da quando ho abbracciato il progetto Shoah dell’amico Domenico Scali, ho avuto come obiettivo primario il recarmi personalmente in quei luoghi tanto tristemente rinomati per accrescere la voglia di conoscenza di quanto ho sempre letto nei libri di storia, ma non avrei mai immaginato di provare quelle intense emozioni che Domenico stesso mi aveva preannunciato.
Lui, che è alla seconda esperienza, un giorno mi disse: “Entrare in quei luoghi e guardare con i propri occhi, è una immedesimazione indescrivibile di quello che accadde in quell’orribile periodo ...Mai dimenticherò ”. Diceva bene! Infatti, oltrepassati i tornelli di accesso, subito ti trovi difronte a quel cancello maledetto con quella scritta sovrastante che tradotta recita: “Il lavoro rende liberi”, illusione per chi, arrivato lì, era convinto che sarebbe entrato in un luogo di lavoro ma non avrebbe mai immaginato cosa lo aspettasse realmente.
Ti trovi a percorrere i viali delineati dal filo spinato allora elettrificato da ben 360 volts, a scoraggiare chiunque avesse avuto la banale idea di fuggire verso la libertà, e sei spinto ad entrare in quei “blocchi” numerati che avevano ognuno uno scopo ben preciso, come il blocco numero 11 detto anche blocco della morte. Lì venivano rinchiusi i prigionieri politici, specie polacchi, e condannati dopo processi “proforma” costituiti da solo sentenze e senza difese, a morire o di stenti, di inedia in agonia, o forse i più fortunati all’esecuzione con un solo colpo alla nuca, risparmiandogli così un pò di sofferenza.
Si percorrono corridoi poco illuminati e scale con i gradini consumati solo da un lato, principalmente quello del muro, chissà perchè, e ti trovi di fronte ad un cancelletto, unico passaggio al cortile delle esecuzioni collettive. Il muro della morte è ancora li, intriso di buchi e di pallottole che ti induce a soffermarti a dire una preghiera o a deporre un fiore anche semplice o rovinato, e colto magari in un angolo di qualche viale adiacente, sempre se sei fortunato a trovarlo, in quanto ad Auschwitz, anche l’erba si rifiutava di crescere.
Nei saloni tutti i reperti recuperati, come montagne di capelli di cui per via del tempo non si distingue più il colore originale, scarpe di ogni genere, e valige di cartone con i nomi dei proprietari ben visibili e indelebili. Più ti addentri in quei saloni e più trovi oggetti ben conservati, attorniato da foto dell’epoca scattate dalle stesse SS come a trofeo di quello che loro orgogliosamente stavano facendo (...continua http://www.oltreilcampo.it/index.php/news/47-fotografare-con-gli-occhi-bagnati ).
La mostra di Pino Curtale sarà allestita presso l'ex Convento dei Minimi dal 28 al 30 gennaio 2014, dalle ore ore 9 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 20.
Al termine della visita della mostra chi vorrà potrà esprimere il proprio parere, o imprimere un solo pensiero o frase o anche una parola sulla Shoah accanto alla propria firma di presenza.
Per tutti gli aggiornamenti della mostra è disponibile il gruppo facebook https://www.facebook.com/events/636440033084641/
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