Sulla Riviera di oggi, Carlo Maria Muscolo analizza il risultato della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, tenutasi a Glasgow dal 31 Ottobre al 12 Novembre, con un taglio sia da cronista che da opinionista.
La sensazione è che la Cop26 abbia iniziato un lavoro ma che, da ora in avanti, c'è l'onere, per tutti gli Stati, di portarlo avanti.
Accordo raggiunto a Glasgow al termine della Cop 26 sul clima. Il Glasgow Climate Pact sull'utilizzo del carbone viene però da più Paesi definito un accordo al ribasso, un patto deludente rispetto alle bozze e alle premesse di partenza.
"Ridurre gradualmente", invece di "eliminare gradualmente" l'energia da carbone, fonte di emissioni di gas serra. Dettagli, che pesano come macigni sull' accordo sul clima raggiunto a Glasgow che, alla fine, suscita più delusione che applausi. L'intervento dell'ultimo minuto da parte dell'India per revisionare al ribasso la stesura finale del patto ha suscitato le ire degli attivisti che hanno parlato di "Fallimento".
Secondo pareri scientifici gli impegni presi al vertice Cop 26 in queste due settimane risultano dunque al di sotto della soglia necessaria per limitare le temperature. I Paesi ricchi sono stati sostanzialmente accusati di aver fallito al summit nel fornire i finanziamenti necessari agli Stati vulnerabili che sono a rischio di siccità, aumento dei mari, incendi e tempeste. Nel dettaglio le conclusioni prevedono:
- Impedire che il riscaldamento climatico superi un grado e mezzo
- Un accordo di cooperazione tra Stati Uniti e Cina a salvaguardia del pianeta.
Proviamo a capire, quindi, se si possa o meno essere soddisfatti e cominciamo riprendendo le parole di Greta ed il suo bla bla bla:
“Non è un segreto che la conferenza di Glasgow sul clima sia un fallimento….. La conferenza si è trasformata in un evento di pubbliche relazioni, dove i leader fanno discorsi bellissimi e annunciano splendidi obiettivi, mentre sotto la superficie i governi dei paesi del nord del mondo rifiutano ancora di agire in modo drastico. ……”. Greta Thunberg, Glasgow, 5 novembre 2021.
Come contraltare, la grande notizia è stata l’annuncio di un patto tra gli Stati Uniti e la Cina, che rafforza la cooperazione climatica tra i due paesi. Entrambi hanno detto che collaboreranno per raggiungere l’obiettivo di contenere il riscaldamento a 1,5 gradi centigradi, come stabilito dall’accordo di Parigi. Prevedendo “l’adozione di azioni climatiche più decise e più ambiziose per gli anni venti di questo secolo”.
Cosa dobbiamo pensare? Da un lato c’è poca sostanza reale. La dichiarazione non include nuovi obiettivi specifici o finanziamenti. Il suo valore, quindi, è quasi esclusivamente simbolico.
Ma questo valore simbolico è notevole. Le relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina sono piuttosto negative al momento, eppure i due governi si sono accordati. Questo sottolinea la gravità della crisi climatica e invia un messaggio implicito agli altri governi in lite tra loro, affinché risolvano i loro problemi: accettate questo dolore, fate quel che volete. ma voltate pagina. Resta da capire se questo porterà a risultati migliori per il vertice nel suo complesso.
Diversi paesi hanno aderito a un’alleanza che mira a fermare ogni futura produzione di petrolio e gas all’interno dei loro confini. Nota come Boga (Beyond oil and gas alliance, alleanza oltre il petrolio e il gas), questa iniziativa include Francia, Svezia e Irlanda, che si sono unite ai firmatari iniziali, Danimarca e Costa Rica.
Boga è l’ultimo di una serie di accordi per tagliare la produzione di combustibili fossili annunciati durante la Cop26. Fatto forse fondamentale, la prima bozza del testo finale della Cop26 include una richiesta di eliminare gradualmente il carbone e i combustibili fossili. Se la cosa verrà inclusa nella versione finale, si tratterà di un’importante svolta diplomatica.
Per quanto riguarda le notizie positive, c’è “molta più urgenza nel linguaggio, maggior senso di allarme, più di quanto abbia visto in qualsiasi testo precedente, e questo è ottimo”, riferisce Christiana Figueres, ex segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. “Sono molto contenta, inoltre che il testo riconosca che questo è il decennio fondamentale, e che dovremo dimezzare le emissioni entro il 2030. È un fatto nuovo e molto utile”.
In buona sostanza è stata, almeno, fissata la road map, ora occorre che si dia seguito.
Il Patto è come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Invita tutti i Paesi a lavorare sui temi affrontati e sulle priorità emerse, ma lascia irrisolto il nodo finanziario, come dovrà essere suddiviso e condiviso l’onere economico dei tagli necessari.
Carlo Maria Muscolo
Articolo pubblicato su "La Riviera" n. 47 del 21 Novembre 2021