di Carlo Maria Muscolo
Tito Amato, 44 anni oggi Vehicle Performance Innovation Manager in Ferrari F.1, è uno dei tanti nostri “ragazzi” che hanno trovato e dato fortuna fuori dalla nostra terra.
Dopo gli studi medi e superiori nelle nostre scuole, a dimostrazione ulteriore che le stesse sanno dare il massimo in termini di preparazione, periodo universitario a Pisa, poi inizia una splendida avventura in Formula 1 tra Ferrari, Mercedes ed ancora Ferrari, condita da tutta una serie di straordinarie casualità, ma tenuta insieme da una straordinaria passione e voglia di arrivare, tipica del nostro carattere.
Avevo iniziato a fare delle domande, ma è esploso un vulcano di ricordi e momenti di vita ed ho pensato bene di non interrompere……
Tito raccontaci un po’ di Te:
Nato a Siderno il 3 aprile 77, compagno di banco di Angelo Muscolo dalla seconda elementare (perchè sono uno di quelli che ha fatto la "primina", con mia zia Maria Tripepi.
Devo ringraziare mio padre per questa scelta, ma soprattutto non ho mai avuto modo di ringraziare a sufficienza mia zia che era cosi' orgogliosa di me!) al quinto superiore! Chiaramente tra di noi c’è un legame affettivo particolare avendo trascorso infanzia, adolescenza e gioventu' insieme, fuori e dentro la scuola.
Porto ancora nel cuore la maestra Anna Cordì (nonna di Angelo). Negli anni della scuola elementare mi appassionavano maggiormente le materie umanistiche, la lettura, la storia e la geografia.
É durante la scuola media che nasce dentro di me la passione per la matematica e le scienze grazie agli insegnamenti del Prof. Vincenzo Frascà, nonchè si consolida in me la passione dei motori in particolare per la Formula 1.
Finita la scuola media, inizio a frequentare il liceo scientifico di Roccella Jonica che completo nel 1995 con il punteggio di 60/60. In quegli anni mi appassionavano sia matematica e fisica, sia biologia: in particolare sono sempre più appassionato dello studio del corpo umano, ovvero di come funziona questa macchina meravigliosa; studio che riesco ad approfondire grazie ai libri di mio cugino Maurizio Mammì (figlio di mia zia Maria) che in quegli anni studia Medicina all'Università di Messina.
Nel frattempo approfondisco lo studio della matematica grazie a lezioni private con il prof. Frascà.
Grazie alla complicità di mio fratello Giuseppe (due anni più piccolo di me), mi appassiono alla chitarra classica, ed iniziamo a studiarla a partire dalla scuola media fino al quinto superiore grazie agli insegnamenti privati del Prof. Bolognino di Siderno.
Ricordo i sacrifici dei miei genitori che ci accompagnavano almeno due volte a settimana a Siderno ed aspettavano diverse ore in macchina.
Durante gli ultimi due anni del liceo, mi interrogo sul futuro, su quello che vorrei fare da grande. La scelta da una parte è abbastanza semplice, perché le opzioni sono solo due: Ingegneria Meccanica o Medicina.
D’altro canto però, entrambe le scienze mi appassionano tremendamente. Tuttavia una sola mi consentirebbe sulla carta di poter contribuire, un giorno, alla costruzione di una macchina da Formula 1.
A metà del quinto anno ormai avevo deciso: Ingegneria Meccanica a Pisa (per inciso sita in via “DioTiSalvi” n°2).
La scelta della facoltà non è stata un caso, in lizza c'erano il Politecnico di Torino, il Politecnico di Milano e la Facoltà di Pisa. In quegli anni ovviamente non esisteva internet, nè cellulari o smartphone: non era facile reperire informazioni sulla qualità degli insegnamenti, sui legami tra universita' ed aziende, etc.
La scelta di Pisa è stata motivata dal corso di laurea con indirizzo specifico in Veicoli Terrestri, dal fatto che molti ex allievi dell'università ricoprivano ruoli di prestigio nel mondo automotive e, non da ultimo, dalla prima impressione che ho avuto di quella città universitaria a misura di uomo e di bicicletta.
Nessuno dei miei compagni di liceo o conoscenti aveva scelto di studiare a Pisa, inoltre avevo scelto di vivere in un monolocale (che “finanziava” mia nonna Clementina) in periferia per "non essere disturbato" quando studiavo: sin dall'inizio del liceo studiavo in religioso silenzio.
Questo per dire che arrivo a Pisa senza conoscere nessuno e vivendo da solo. Ma la frequentazione dei "pre-corsi" mi permette di fare tante amicizie, di legare con i compagni di corso prima dell'inizio delle lezioni e di formare profonde amicizie che durano tutt'oggi.
Mi rendo subito conto che la strada è veramente in salita, a partire dalla "competizione" mattutina per prendere i posti in aula nelle prime file per avere la possibilità di seguire le lezioni.
Ricordo che arrivavo in facoltà col buio, al freddo, prima dell'apertura del bar della facoltà...e sotto l'acqua...quanto piove a Pisa e quanta acqua ho preso in quegli anni...solo la mia povera bici e poi vespa lo sanno!
Poi ci siamo fatti un po' più furbi ed abbiamo istituito i turni...quindi l'alzataccia si riduceva ad un giorno a settimana. A quei tempi non esisteva il concetto del numero chiuso, chiunque poteva iscriversi, però nei primi due anni si realizzava una selezione severa.
La frequentazione delle lezioni, delle esercitazioni, i lavori di gruppo, etc., erano solo condizioni necessarie per sperare di "passare" l'esame.
Anche lo studio assiduo, la collaborazione con i colleghi per capire insieme teoria ed esercizi, non garantiva la sicurezza di "passare" l'esame.
Il pizzico di fortuna ci voleva sempre. Avrei svariati aneddoti da raccontare (immagino incomprensibili alla maggior parte degli studenti odierni.), potrei scrivere un libro, sembra un secolo fa...
Non ho mai rifiutato un voto, mai, neanche un 19 in disegno che meriterebbe un capitolo a parte (promossi 2 su oltre 200, scritto 8 ore, esame orale a sorpresa il giorno della correzione dello scritto, che è durato 4 ore).
Questo per rispetto dei sacrifici dei miei familiari, perchè volevo laurearmi presto e perchè non c'era alcuna garanzia che sarei riuscito a prendere un voto più alto, infine perchè, dicono, sono umile di natura.
Alla fine riesco a laurearmi in tempo con una votazione di 108/110 e vengo premiato insieme ad un'altra decina di compagni di facoltà in una cerimonia "pomposa" che penso i miei genitori ricordano come se fosse stato l’altro ieri.
La tesi di laurea verteva sullo "Studio del comportamento direzionale di kart da competizione" ed il relatore era il prof. Massimo Guiggiani che, tra le altre materie, insegnava Dinamica del Veicolo.
In breve l'obiettivo era la formulazione analitica delle equazioni di moto che regolano la dinamica di veicoli con differenziale bloccato, come i kart, teoria che non c'era ancora in letteratura.
Per l’occasione compro il mio primo portatile ASUS e mi trasferisco a casa di mia zia Pina (all’anagrafe Giuseppina Franco) per non essere disturbato o distratto in alcun modo.
Tutti i miei familiari (inclusi nonni, zii, cugini) avrebbero partecipato alla discussione della tesi, volevo fare bene.
Avrò ripetuto allo specchio la presentazione in power point un centinaio di volte. Mi laureo ad ottobre 2001, mi viene subito proposto, da tre diversi professori, di partecipare al concorso per tre altrettanti corsi Dottorato di Ricerca: Ingeneria Meccanica, Ingegneria Energetica e Ingegneria degli Autoveicoli e Sistemi di Trasporto.
Partecipo a tutti e tre, sono tra i primi in tutti e tre (ovvero avevo diritto ad una borsa di studio con tutti e tre)...
Faccio scontenti due professori e accetto la borsa di studio per il dottorato in "Veicoli Terrestri e Sistemi di Trasporto" con il prof. Massimo Guiggiani (oggi siamo amici, lo chiamo Massimo, partecipo alla revisione dei suoi libri, abbiamo collaborato e collaboriamo tuttora su alcune tematiche).
Sapevo che la carriera universitaria non era il mio obiettivo, e lo avevo fatto presente ai professori prima del concorso, ma loro mi hanno convinto a provarci dicendomi che, nel caso fossi stato interessato ad entrare nel mondo del lavoro, avrei potuto comunque continuare il corso di dottorato ma senza borsa di studio (nel 2007 completo con successo il Corso di Dottorato in Veicoli Terrestri e Sistemi di Trasporto).
È così è stato.
L'anno successivo inizio a lavorare (i primi sei mesi come borsista, gli atri sei come lavoro interinale, infine assunto a tempo indeterminato) nel reparto di Dinamica Veicolo presso il Centro Ricerche Fiat (CRF) di Orbassano.
Centro di eccellenza, forma i giovani ingegneri alcuni dei quali un giorno sarebbero diventati dirigenti Fiat, e sforna tante innovazioni ("sistema di alimentazione Common Rail", "l'antenato del sistema ABS, chiamato antiskid", "il cambio a doppia frizione", "il differenziale attivo", "il sistema di alimentazione ad alzata variabile delle valvole di aspirazione e scarico, chiamato MultiAir").
Al centro Ricerche Fiat imparo tanto e velocemente, animato da una sete di conoscenza e passione che non passa inosservata.
Ho modo di cimentarmi nell'utilizzo e poi nello sviluppo dei software di calcolo (oggi si direbbe prototipizzazione virtuale), nella organizzazione e nell'analisi dati di test in pista, nella correlazione calcolo/sperimentale, nell'impostazione di vetture stradali di vari segmenti a partire dal foglio bianco lavorando sempre in team molto affiatati.
Già dai primi mesi ero così entusiasta delle attività svolte al Centro Ricerche Fiat, che rifiuto (quando ancora ero borsista) offerte di lavoro a tempo indeterminato in aziende come la Magneti Marelli Sistemi Sospensione.
A tal riguardo, ricordo ancora il colloquio con l'allora responsabile delle risorse umane che, tra una pippata e l'altra, mi dice: "Ma lei giovanotto si sta rendendo conto che sta rifiutando un contratto a tempo indeterminato presso una solida azienda del settore automobilistico per una promessa di contratto interinale?".
Ricordo di aver risposto pressa poco così: "Mi rendo conto dell'opportunità che mi sta offrendo e la ringrazio per questo, tuttavia al momento desidero puntare su quello che mi piace veramente fare e sull'opportunità di crescita di conoscenza di Dinamica del Veicolo, che pochi centri al mondo come il CRF possono offrirmi al momento".
Basti dire che il mio primo responsabile, Ing. Leonardo Pascali, con cui ho ottimi rapporti di amicizia, dopo aver lasciato il CRF nel 2003, è stato dirigente in Porsche, dirigente in McLaren Automotives ed oggi lavora come dirigente presso Artemis, spin-off del marchio Audi-VW per lo sviluppo di auto elettriche top di gamma.
È stato tra l'altro insignito del primo premio “Vehicle Dynamics International Awards 2017”.
Dopo cinque anni il desiderio di lavorare in Formula 1 diviene irrefrenabile.
Centro Ricerche Fiat e Ferrari fanno parte dello stesso gruppo, ci sono anche delle attività di collaborazione con Ferrari F1.
Pertanto mi reco dal dirigente della Divisione Veicoli del CRF, l'ing. Paolo Coeli (oggi Head of Powertrain & Feature Portfolio Planning in Product Planning & Institutional Relation presso FCA Italy, oggi parte del gruppo Stellantis), per esprimergli la volontà di lavorare per una squadra di Formula 1 perchè è stato sempre il filo conduttore che ha guidato le mie scelte fin prima della maggiore età.
Ho chiesto apertamente un aiuto per un graduale passaggio in Ferrari F1 (ed ho sottolineato F1), qualora lui ritenesse fossi idoneo/competente/adeguato.
Dopo un paio di giorni mi richiama nel suo ufficio e mi dice: "Non c’è nulla di scritto, ma hai la mia parola che andrai in Ferrari F1".
Io rispondo semplicemente: "Ok, dimmi quello che devo fare e facciamo che ciò accada".
Da lì a poco mi vengono assegnate solo attività commissionate dal reparto di Dinamica del Veicolo Ferrari F1 allora diretto dall’ Ing. Marco Fainello (oggi Chief Technical Officer at Danisi Engineering ed Executive Director at Addfor S.p.A.) che, tra le altre cose, e' stato anche l'ingegnere veicolista di Michael Schumacher.
Trascorro 8 mesi facendo la spola tra Maranello e Torino, vivendo in albergo, poi nel 2008 vengo assunto in Ferrari F1 come Vehicle Dynamics Engineer presso il dipartimento Vehicle Performance-Vehicle Dynamics ed arriva la vittoria del campionato costruttori!
Mi sono ambientato subito, complice un team fatto di giovani, appassionati, competenti, creativi, animati dalla voglia di fare bene.
Era il proseguimento dell'apprendimento sul lavoro (oggi si direbbe training on the job) iniziato al CRF, ma questa volta applicato al mondo F1, quello che avevo sempre sognato, voluto e per il quale avevo donato tutto me stesso.
Ho avuto l'opportunità di essere coinvolto nelle attività più disparate, tuttavia la mia indole creativa faceva sì che dessi il meglio di me nelle attività di innovazione, ovvero capire cosa serve per fare andare la macchina più veloce e, seppur a prima vista sembrasse un'idea assurda o strampalata, cercare di trovare una soluzione innovativa.
Ovviamente si tratta di progetti che vedono il coinvolgimento di diverse figure, ma l'idea, la scintilla, la proposta, il più delle volte la facevo io.
Si trattava di schemi rudimentali, simulazioni basilari, insomma delle "prove" che la "cosa" aveva delle chances di funzionare.
Nel 2013 prendo la decisione sofferta di andare via, causa profonde divergenze di vedute con il top managment inglese portato da Alonso dalla McLaren.
Ricordo ancora le persone, in particolare l’ing. Maurizio Bocchi (oggi Performance Development Manager presso Hass F1 Team) che hanno cercato fino all'ultimo di impedire che io andassi via, anche esponendosi in prima persona con il top management.
Così come ricordo il colloquio con Domenicali, allora Team Principal: "Prendila come un perfezionamento all'estero", mi disse.
Lasciai Ferrari F1 per il progetto Porsche LMP1 (Le Man Prototypes) di Porsche Motorsport a Weissach, un paesino vicino a Stoccarda.
Avevo dato le dimissioni a maggio 2013, avrei iniziato in Porsche a settembre 2013; e così è stato ma c’è un ma... un grosso ma!
Era estate, e stavo studiando tedesco h24, lezioni private tre giorni a settimana, e poi solo studio, a casa.
Mi prendevo solo qualche ora di svago andando al mare a Roccella, alla Dogana.
Non portavo mai con me il cellulare, perche' avendo la fortuna di abitare a due passi dal mare di solito prendo solo il telo e vado in spiaggia, ma quella volta, non so perchè, lo avevo con me.
Ricordo come se fosse adesso la telefonata ricevuta in spiaggia con un numero estero (a fine agosto o giù di lì) di una persona italiana (avevamo un amico in comune, ma non lo conoscevo) che mi dice: "Lavoro in Mercedes F1 in Inghitterra, abbiamo saputo che hai lasciato la Ferrari F1. Avremmo una posizione interessante da poterti potenzialmente offrire, sei interessato?".
Risposi: "Potrei essere interessato, ma tra qualche settimana inizio a lavorare in Porsche come Senior Tyre Engineer".
Dall'altro capo del telefono "questo non è un problema, se sei interessato manda il tuo curriculum vitae a...".
Mandai il cv, fui contattato il giorno seguente, colloquio telefonico con Loic Serra (oggi Performance Director at Mercedes-AMG Petronas Formula One Team").
Seguì un colloquio ufficiale a Brackley, presso la sede di Mercedes F1 team.
Purtroppo la proposta ufficiale arrivò solo a fine settembre, quindi nell'incertezza mi trasferii in Germania e trascorsi più di un mese in albergo, con tutto dentro la macchina, una povera Ford Fiesta.
A ottobre 2013 lascia una sbalordita Porsche per approdare oltremanica e lavorare in qualita' di Senior Simulator Engineer per Mercedes F1 team, alle dirette dipendenze di Loic Serra.
Trascorsi un altro mese in albergo, prima di trasferirmi in una classica casa inglese a Bicester, un paese non troppo lontano da Oxford e da Brackley, ben collegato con Londra.
Ricordo di aver fatto molta fatica all'inizio con l'inglese, avevo studiato per tre mesi tedesco, non ero pronto, conosci le regole ma parlarlo è un'altra storia, soprattutto capire quello che ti dicono.
Trascorsero tre mesi prima che il mio orecchio si adeguasse al nuovo accento, da lì in poi tutto fu più in discesa.
Dopo appena un anno fui promosso a Team Leader - Simulator Group, quindi ero diventato responsabile del gruppo che si occupava dei simulatori di guida, si Mercedes aveva ben tre all'epoca.
Ma Loic Serra riconobbe le mie doti di innovatore e quindi mi disse di utilizzare il simulatore di guida per sviluppare idee innovative da mettere in macchina.
Ebbi la soddisfazione di vedere tante idee realizzarsi, la soddisfazione di vincere 4 Mondiali Costruttori e Piloti e di essere una delle persone di riferimento all'interno del team.
Non da ultimo instaurai un ottimo rapporto di amicizia con Aldo Costa (all'epoca Techical Director, oggi Chief Technical Officer persso Dallara).
Mi vengono in mente diversi aneddoti circa i primi giorni in Mercedes. Un incontro sulle scale con Aldo Costa e Toto Wolff, Aldo mi saluta e mi dice benvenuto poi Toto (che non avevo mai visto prima in vita mia) mi dice in italiano:" Ciao Tito, come mai sei qui?" ed io rispondo "Sono qui per vincere!"
Aldo tempo dopo mi disse che Toto era rimasto sorpreso dalla risposta!
Poi ancora, John Owen (Chief Designer), che mi dice se mi piacerebbe vedere il progetto della nuova macchina; risposi "si certo?, quando?", rispose "anche adesso se vuoi"... Ricordo che rimase fino alle 21 per spiegarmi davanti al pc tutta la macchina e le scelte tecniche: il responsabile del progetto che mi mostra la macchina dall'ala anteriore fino a quella posteriore nei minimi dettagli, anche quelli nascosti sotto la carrozzeria, semplicemente un onore.
Il periodo in Mercedes è stato molto appassionante, istruttivo, mi ha letteralmente aperto la mente e mi ha fatto vedere le cose da una prospettiva molto più ampia!
Tuttavia esigenze familiari impongono un rientro in Italia, nonostante il mio responsabile Loic Serra abbia in serbo un piano di crescita professionale unica ed irripetibile.
È la prima volta nella mia vita che antepongo qualcos'altro al lavoro.
Non è stato per nulla facile però era così evidente che la scelta era per certi versi "legata a forze maggiori" che i vertici Mercedes capirono ed apprezzarono ed evitarono il gioco al rialzo.
Ho avuto la fortuna, molto rara, di poter rientrare a marzo 2018 in Ferrari F1, dopo il "periodo di perfezionamento all'estero", nel dipartimento che avevo lasciato ritrovando gran parte delle persone che avevo lasciato insieme ad altri giovani talenti con tanta energia e voglia di fare.
La sensazione è quella di uno che ritrova tutto al proprio posto, come se non fosse cambiato nulla nel frattempo, anche se il vecchio ufficio è stato nel frattempo completamente demolito.
Oggi ricopro il ruolo di Vehicle Performance Innovation Manager alle dirette dipendenze di Head of Vehicle Performance.
Direi che il nome dice tutto: promuovere l'innovazione sia in termini di metodologia sia in termini di concetti da mettere in macchina, tra le zone grigie del regolamento.
Concludo con un sogno nel cassetto: "veder realizzato un parco motoristico dei divertimenti nella locride, nella mia terra".
Si tratta di un progetto limpido nella mia mente, realizzare un parco a tema che abbia al centro la passione per i motori e che contribuisca alla crescita economica e occupazionale di una terra che fa nascere talenti costretti a realizzarsi altrove.
Pista go-kart, off road, mini moto, moto, auto, moto cross...”ala concessionarie" con possibilità per l'acquirente di provare l'auto in totale sicurezza in pista.
Merchandising, accessori auto e moto, officine e carrozzerie di èlite per realizzare personalizzazioni uniche. Corsi di guida sicura e sportiva, sia per auto sia per moto, su asfalto e fuoristrada.
É un sogno che ho condiviso solo con te, Carlo, e con Francesco Tassone, mio carissimo amico...
Articolo integrale dell'articolo pubblicato nel settimanale "La Riviera" n.14 del 4 Aprile 2021.