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Roccella in vetrina

venerdì 16 agosto 2013

L'USO E IL CONSUMO DELLA DIGNITA' ROCCELLESE

di Carlo Iannuzzi

In un suo celebre romanzo, Franz Kafka racconta le vicissitudini di un uomo che, preso atto di essere sotto processo, decide inizialmente di affrontare il problema semplicemente ignorandolo, salvo infine essere travolto dal processo stesso che segnerà la sua fine.

Ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni fa emergere le forti analogie presenti in quelle pagine del romanzo con il senso melodrammatico che il Roccella Jazz Festival sta assumendo. Non mi soffermerò sulle forti polemiche che hanno recentemente investito il Festival perché oramai è chiaro e lampante a tutti il reale stato delle cose. Basta fare una breve ricerca su internet per accorgersi che i malumori, i disagi, le problematiche presenti da anni all’interno dell’universo del festival sono state apertamente denunciate da chi, paradossalmente, ha ricevuto il minor danno in questi anni. Ai jazzisti Max De Aloe e Mirko Guerrini va dato merito di aver rotto il muro di omertà che da anni aleggia sulle forti criticità presenti all’interno dell’ambigua gestione organizzativa dell’ACJ, in particolare nelle persone di Sisinio Zito e di Vincenzo Staiano.

Albergatori, lavoratori, artisti, direttori: un team intero composto da decine e decine di persone che da anni non percepiscono un euro, meriterebbero più attenzione e rispetto da chi ha voluto affrontare il problema semplicemente ignorandolo e nascondendo i propri fallimenti attraverso il rimpallo di responsabilità politiche e gestionali.

Ma non è l’aspetto prettamente economico che mi spinge a scrivere queste poche righe, bensì aver visto la vicenda, il 13 agosto 2013, raggiungere l’apice della vergogna e dell’arroganza attraverso la convocazione di una seduta straordinaria del Consiglio Comunale con l’unico punto all’ordine del giorno riguardante, appunto, il RJF. La massima espressione della democrazia di un comune è stata calpestata dagli interessi personali di un padre padrone e di una lobby presente all’interno dell’amministrazione comunale, che non ha avuto alcun timore ad assoggettare l’intera struttura democratica di un paese alle proprie esigenze economiche.

Il 13 agosto è stata calpestata la dignità dei roccellesi!

Ai roccellesi è stato detto che i sacrifici di una cittadinanza non possono andare ai fondi delle politiche sociali perché risultano indispensabili a ripianare il fallimento economico-gestionale della macchina organizzatrice di Zito e Staiano.

Ai roccellesi è stato detto che se un progetto funziona (che si chiami differenziata, porto, uffici o quant’altro) il prezzo da pagare si chiama democrazia. Nella culla della Magna Grecia coloro che hanno l’onore di rappresentare gli interessi dei cittadini e del bene comune si riducono, salvo qualche rara eccezione, a meri e tristi burattini utili solo ad assecondare il volere e ad accontentare, anche alla vigilia di ferragosto, il volere del padrone bi-partisan, colui che rappresenta il vero potere a Roccella Jonica.

Ai roccellesi è stato detto che la cultura a Roccella è un festival di 4 giorni all’anno, che assicura passerelle annuali ai politicanti e massoni di turno e che preclude qualsiasi altro possibile finanziamento per manifestazioni culturali meno sfarzose ma più radicate, e che non lascia nulla sul territorio, in cui non è presente nemmeno una biblioteca comunale.

Ai roccellesi è stato detto, chiaramente, che come cittadini non valgono nulla. Che la dignità di famiglie, di artigiani, di disoccupati che attraversano momenti difficili e a tratti drammatici, viene derisa e minimizzata per dare spazio a discussioni e votazioni che riguardano esclusivamente le esigenze di una lobby.

Ma allora, se i lavoratori roccellesi non vengono pagati, se le esigue casse comunali vengono spolpate fino all’osso, se passata la settimana di ferragosto nel resto dell’anno di cultura non rimane nulla, se di fatto il RJF per la comunità roccellese ha smesso da tempo di essere un valore aggiunto fondamentale.. Se è vero tutto questo, a chi conviene davvero il Festival Jazz di Roccella Jonica?

2 commenti:

  1. Premesso che sono pienamente d'accordo con quanto affermato da Carlo, mi permetto a malincuore di rispondere dicendo che alle domande retoriche non si risponde, lo sanno e lo sappiamo tutti a chi conviene, sia in temini economici che in termini di visibilità il RJF!
    Ora sono io a porre un paio di nuove domanda:
    - come possiamo fare noi affinche tutto ciò non accada?
    - come possiamo rompere le catene che ci soggiogano al volere di poche persone, da non dimenticare, noi abbiamo mandato al potere votandoli?
    Io non ho i mezzi e la possibilità per poter rompere questo giogo, ma garantisco che se qualcuno mai ci fosse, potrà contare sul mio voto.
    grazie

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  2. Condivido. Questa stupida farsa bene architettata sul solito canovaccio del "magna magna" deve finire. Sono stati sperperati miliardi in lire e milioni in euro. Adesso basta. Roccella Ionica è un paese dove i problemi seri non mancano e non si possono togliere risorse alla collettività per il "vezzo" di continuare a sprecare denaro pubblico. E' una vergogna. Una di quelle fogne a cielo aperto che gridano vendetta. Un autentico insulto alla miseria, prima ancora che alla cultura. Uno spreco, una continua emorragia di denaro pubblico che in tutti questi anni non è mai bastata a saziare le fauci degli organizzatori e dei soliti "amici degli amici".
    Il Festival Jazz di Roccella Ionica avrebbe dovuto finanziarsi con gli introiti dei biglietti d'ingresso e con gli sponsor (tra i quali anche una banca). Se questo festival non riesce a finanziarsi autonomamente e richiede sempre continui sacrifici da parte dei cittadini che pagano le tasse, (e di chi al festival ci lavora per garantirne la realizzazione) vuol dire che da una parte il denaro si sperpera e dall'altra, i biglietti non vengono venduti, bensì regalati. Sono più di trent'anni che si va avanti così, tra sprechi e piagnistei. Sarebbe ora di finirla. Una manifestazione di portata "internazionale" che non riesce a tirare avanti da sola significa solo tempo e soldi buttati via. Soldi nostri, in tempo di crisi.

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