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Roccella in vetrina

domenica 28 luglio 2013

I RAGAZZI DELLA DOGANA ORGANIZZANO UN INCONTRO CON IL PROF. PASQUINO CRUPI

E' stato pubblicato nel 2009 ma l'opera dello scrittore Pasquino Crupi "La letteratura Calabrese" è sicuramente il testo più completo del suo genere che colma una grave lacuna esistente nei programmi didattici delle scuole, ma  anche nella cultura di ognuno di noi che spesso conosciamo tutto di Dante o del Manzoni ma poco o niente dei nostri scrittori calabresi.
Ed è forse questo il nostro reale limite: non avere mai spalancato una finestra su noi stessi.

Il testo, edito da Luigi Pellegrini Editore, si articola in tre volumi, per la prima volta pensati e realizzati, ciascuno dei quali analizza determinate epoche storiche. Il primo racconta la letteratura calabrese dalle sue origini fino al Settecento; il secondo si sofferma sul Settecento e sull’Ottocento; il terzo, infine, si occupa del Novecento fino al 2000.

Ed è lo stesso Crupi a concepire la sua opera non come un qualcosa di puramente scolastico, bensì come «una battaglia meridionalista intesa a sottrarre la nostra civiltà letteraria da tutte le calcolate menzogne che intendono relegarla nel recinto delle letterature marginali».

«Il che è assolutamente falso», dichiara orgoglioso lo scrittore. Ed è suo il merito se possiamo rendercene conto anche noi, sfogliando le pagine di quei tre volumi, scritti con «la speranza -confessa Crupi- di riempire un vuoto pesante che per tanti anni ha reso gli studenti estranei alla propria civiltà e la scuola estranea al territorio».
Un’indifferenza che, secondo l’autore, «grida vendetta», perché la letteratura calabrese non è disgiunta dallo svolgimento di quella italiana, piuttosto ne costituisce parte integrante, cosicché, se venisse eliminata la prima, sostiene Crupi, «crollerebbe la stessa letteratura nazionale».
Si tratta dunque di una colonna, forse una tra tante, dal momento che ne occorrono diverse per sorreggere qualcosa di importante, ma comunque una colonna portante. Ed il testo di Crupi ne spiega il pregio stilistico, offrendoci l’occasione per «rientrare nei confini sconfinati della nostra civiltà letteraria».

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