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Roccella in vetrina

domenica 31 gennaio 2021

GLI ESEMPI DI DON BOSCO NEL "FARE SCUOLA". LA RIFLESSIONE DEL PROF. VITO PIRRUCCIO

Carissimi,

la giornata odierna è  un appuntamento  annuale che le donne e gli uomini di scuola sono tenuti a ricordare: il 31 gennaio si ricorda la figura di San  Giovanni Bosco, l'apostolo dei giovani e fondatore  dell'Opera Salesiana.  Per me il ricordo  è  d'obbligo avendo vissuto dal di dentro l'esperienza salesiana, per cui ho il piacere di parlarne, anche, da ex-allievo.



Ci sono aneddoti per descrivere il miracolo salesiano ed  è  stata prodotta una pubblicistica ampia  sul momento in cui scatta nel giovane Don Bosco  la sua missione al servizio dei giovani. Chi ha vissuto l'esperienza salesiana e chi ha studiato la vita e la pedagogia del santo piemontese conosce bene questo percorso. Per quanto mi riguarda sono stato sempre colpito da un passaggio della vita di Don Bosco che, secondo me, dà l'idea plastica della sua opera educativa. Si tratta dell'incontro tra Don Bosco e Francesco Besucco, il ragazzo di Argentera (Cuneo), figlio di contadini poveri, accolto a Valdocco e morto a 13 anni di polmonite. Al piccolo Francesco smanioso di apprendere, studiare e riscattarsi dalla povertà,  Don Giovanni Bosco offre la semplicità della sua regola educativa: "Allegria, Francesco! Poi studio. E, infine, pietà, cioè la cura della preghiera e dell'amore verso gli altri". Un messaggio educativo spirituale e materiale insieme che non impedisce al laico di riconoscersi. 

Don Bosco, uomo, educatore e santo dei giovani, è ancora oggi, un punto di riferimento non solo per la scuola salesiana sparsa, ormai, in tutti i continenti. Ma è  una delle pietre  angolari di modello educativo divenuto un classico e, come tale, patrimonio di tutti, laici e cattolici. 

La spiritualità di Don Bosco non sta, infatti, nel suo essere prete, ma nella tensione pratica, come tale laica in senso lato, di un modo di vivere e di interpretare i bisogni di crescita dei ragazzi. Allegria e studio, inscindibilmente tenuti stretti da una disciplina conquistata e non imposta, sono i due assi portanti delle case salesiane fin dalla loro costituzione.

Qualcuno, ancora oggi, identifica la scuola salesiana con un modello educativo di élite. Nulla di più sbagliato!  La regola "allegria e studio" non è  una gabbia di classe, ma uno stile per aprire le porte della mente e del cuore alla conoscenza per formare l'uomo e il cittadino "sovrano", come un secolo dopo l'istituzione dell'opera educativa di Don Bosco , avrà  modo di affermare, sempre attraverso la scuola, un altro rivoluzionario del pensiero pedagogico moderno, Don Lorenzo Milani. 

La scuola salesiana, infatti, nasce come "scuola laboratorio". È  proprio Don Bosco a realizzare la Scuola Professionale (diversa dalla bottega artigianale) con l'apertura a Valdocco dei laboratori di falegnameria,  di sartoria, ecc. . Una "scuola del fare" per sottrarre i ragazzi del suo tempo allo sfruttamento e per inserirli da "sovrani", appunto, nella società.  Don Bosco lotta, in particolare, contro il settarismo ecclesiastico e il ragazzo Bartolomeo Garelli, cacciato dalla sacrestia con durezza per essere "incapace di servire messa", Don Giovanni Bosco lo accoglie, conquista la sua fiducia e da quel momento sviluppa l'idea di realizzare l'oratorio salesiano. Dirà ai suoi ragazzi aprendo loro il suo cuore in modo semplice e ingenuo: "Basta che siate giovani per amarvi... Troverete libri proposti da persone di gran lunga più  virtuosi e più  dotti di me, ma difficilmente troverete ... chi più desideri la vostra felicità".

Dentro questa regola semplice sta tutta l'attualità di un modo di fare scuola ed educare i giovani mai passato di moda. Il prete e l'educatore laico, due approcci ideali, hanno un solo modo di conquistare la fiducia dei giovani: offrire loro sostegno e guida con l'esempio, l'opera e il vissuto quotidiano.

Buona festa! F.to Vito Pirruccio

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