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Roccella in vetrina
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mercoledì 22 marzo 2017
SIAMO TUTTI SBIRRI!!! SIAMO TUTTI DON CIOTTI!!!
Che obbrobrio quelle imbrattature sui muri fatte da chissà quale poveraccio sofferente di protagonismo. Però ce l'ha fatta a macchiare una manifestazione cosi pulita, cosi rappresentativa, una manifestazione che deve assolutamente costituire il riscatto di questa nostra martoriata terra.
La risposta è stata chiara e lampante: migliaia di giovani e gente di tutta Italia, ma soprattutto del nostro Comprensorio, ieri hanno sfilato e, coraggiosamente, si sono lasciati andare con striscioni e commenti contro la criminalità organizzata.
Questi sono l'esempio e l'emblema che qualcosa è cambiato, che la gente non ha più paura di questi criminali che, nonostante sono una minoranza infinitesimale, sono stati finora capaci di tenere sotto scacco e corrompere parte della società civile ed onesta, ed influenzare la decadenza e il mancato sviluppo della nostra terra.
Da qui deve partire il riscatto da parte di tutti, sotto ogni ordine e professione, perché se oggi i ragazzi hanno il coraggio davanti alle telecamere di dire che la "mafia è merda", significa che hanno voglia di onestà e non facili guadagni, hanno voglia di sudarsi la pagnotta per pochi euro e non macchiarsi le mani e la coscienza per avere il macchinone.
Io sono sbirro e sono con Don Ciotti perché mi piace andare in giro con un furgone scassato ma a testa alta!!!
E voglio diffondere il messaggio di Don Ciotti di domenica scorsa affinché sia da monito per un radicale e definitivo cambiamento nelle coscienze di tutti.
Che bello ritrovarsi insieme. Che bello, Presidente, che lei sia con noi. Che bello questo "noi" di famigliari delle vittime, cittadini, giovani, associazioni, sindaci, magistrati, vescovi, sacerdoti, suore, sindacati, rappresentanti delle istituzioni, dei carabinieri, della polizia, della scuola e dell'università.
Ci siamo sempre impegnati per questa collaborazione liberamente dettata dalle coscienze, abbiamo sempre creduto che solo unendo le nostre capacità, le nostre competenze, la speranza di cambiamento diventa forza di cambiamento.
Ora - lo dico a tutti voi che siete venuti per incontrare il Presidente e i famigliari delle vittime - questo procedere uniti verso lo stesso obiettivo è più urgente che mai.
Mettiamo da parte le divisioni, i protagonismi, mettiamoci di più in gioco per il bene comune, per la libertà e la dignità di questo Paese.
Lo dico con convinzione. Ci sono stati progressi - da riconoscere e valorizzare - ma anche ritardi, omissioni, promesse non mantenute. Misure urgenti sono state rinviate, o approvate solo dopo compromessi al ribasso.
Insieme alle mafie, il male principale del nostro Paese, resta la corruzione. E corruzione significa questo: che tra criminalità organizzata, criminalità politica e criminalità economica è sempre più difficile distinguere. Ce lo dicono anche quelle inchieste dove i magistrati faticano a individuare la fattispecie del reato. Hanno in mano strumenti giuridici istituiti prima che quell'intreccio criminale emergesse con forza.
Dobbiamo rompere questo intreccio! Le mafie non uccidono solo con la violenza: vittime sono i morti, ma vittime sono anche i morti vivi, le persone a cui le mafie tolgono la speranza e la dignità.
Il lavoro, la scuola, la cultura, i percorsi educativi, i servizi sociali restano il primo antidoto alla peste mafiosa. La nostra Costituzione è il primo dei testi antimafia!
Ecco allora che la memoria non può essere un esercizio retorico. I vostri cari non sono morti per una targa, una corona di fiori, un discorso celebrativo. Sono morti per la nostra libertà, per un ideale di giustizia e democrazia che abbiamo il compito di realizzare.
Un’ultima parola voglio rivolgerla agli uomini e alle donne della ‘ndrangheta, delle mafie. Ma che vita è la vostra?! Papa Francesco, incontrando i famigliari delle vittime, vi ha chiesto in ginocchio di convertirvi, di abbandonare il male.
Non oso mettermi alla sua altezza, ma una cosa sento di potervela chiedere. Tanti famigliari hanno perso i loro cari e non hanno avuto nemmeno la possibilità di avere il loro corpo, di piangere sulla loro tomba.
Uomini e donne della ‘ndrangheta, delle mafie: diteci almeno dove li avete sepolti!
Vi chiedo – e vi auguro – di avere questo scrupolo, questo sussulto di coscienza. Può essere l’inizio di qualcosa di diverso, di un percorso di vita e non più di morte.
(don Luigi Ciotti)
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