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Roccella in vetrina

mercoledì 22 luglio 2015

L'agente segreto G-71, l'On. Gero Grassi e la verità su Aldo Moro

Fonte: http://www.lavocedinewyork.com/

Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana ed ex capo del governo e più volte ministro, venne sequestrato 37 anni fa in via Fani a Roma. Per rapirlo, le Brigate Rosse massacrarono tutti gli uomini della scorta. Un lavoro da professionisti, come in un film con James Bond. In meno di tre minuti, si spararono quasi cento colpi che uccisero i due carabinieri, Oreste Leonardi e Domenico Ricci, a bordo della Fiat 132 in cui viaggiava anche Moro, e i tre poliziotti, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi, che viaggiavano sull'Alfetta di scorta. Il tutto senza mai colpire Moro. Professionisti appunto. Ma c'erano solo le BR in via Fani, alle dieci del mattino, ad aspettare Moro e la sua scorta quel 16 marzo 1978? 
strage
Gero Grassi, deputato del Partito democratico e componente di spicco della nuova Commissione parlamentare sul caso Moro, è convinto che ci fossero altri uomini oltre le BR quel giorno in via Fani ad aspettare Moro:"Certamente queste persone non erano lì a prendersi un caffè".Ma se gli uomini "segreti"  non fecero nulla per impedire il sequestro di Moro e il massacro della scorta, allora erano li per aiutare i terroristi, magari anche sparando? "Lo sospettiamo fortemente, ma non siamo ancora in grado di dimostrarlo. Quello che però possiamo dire con assoluta certezza – ha detto Grassi alla rivista Oggi– è che le Brigate rosse non agirono da sole, ma furono quantomeno “accompagnate”". (Potete ascoltare l'On. Grassi raccontare questo e altro qui e anche qui)


Dallo scorso maggio il Parlamento italiano ha stabilito una nuova commissione d'indagine per far luce sul caso Moro. Non sono bastate quindi le precedenti commissioni e i precedenti processi per la verità sulla "matrigna" di tutti i misteri della Repubblica, dove ricatti e depistaggi continuano a incrociarsi mantenendo così all'oscuro i cittadini italiani sulla vera storia degli anni di piombo in Italia.
Ma questa nuova commissione, di cui l'On. Grassi appare una personalità determinata ad andare fino in fondo, è veramente pronta a scoperchiare la storia d'Italia? Oppure si tratterebbe ancora una volta di una "mossa" propagandistica, sulla scia della dichiarazione di Renzi di togliere il segreto di stato, ma pronta a fermarsi in tempo? Frasi ad effetto buone per dei titoli sui giornali, ma poi al momento di illuminare il buco più nero della Repubblica, la cosiddetta "ragione di stato" farà ragionare che è meglio continuare a non ragionare…
Quando da New York leggiamo dell'On. Grassi che in giro per l'Italia racconta dei servizi segreti che sanno, prima che accadesse, del rapimento di Moro, sorridiamo di rabbia. La prova di ciò fummo proprio noi da qui, da New York,  a pubblicarla, ma tanti, troppi anni fa. I lettori più affezionati, ricorderanno forse una prima pagina di Oggi7, il settimanale di America Oggi, intitolata: "Italia, spiega questo documento!" Si trattava di un ordine della Marina italiana, in cui si istruiva l'agente di Gladio G71, sigla che apparteneva ad Antonino Arconte,  a recarsi in Libano con una nave commerciale per consegnare un documento top secret per il colonnello Stefano Giavannone. In quel documento, si chiedeva a Giovannone di adoperarsi con i suoi contatti in Libano con i gruppi di terroristi mediorientali per attivare canali utili alla liberazione del Presidente della DC Aldo Moro. La bomba in quel documento? La data: 2 marzo 1978. 14 giorni prima della strage di via Fani.  
documento nuovo
Quando noi pubblicammo quel documento che ci aveva fornito Nino Arconte, seguito da tanti altri servizi in cui G71 raccontava storie e coincidenze e non solo su Moro, il tutto rimbalzava sul muro di gomma dell'informazione italiana. Ogni tanto qualche lancio d'Ansa, due righe, ma la grande stampa italiana come se nulla fosse. Quando poi in Parlamento, grazie all'ammiraglio Falco Accame, non si potè evitare di rispondere alle intrerrogazioni sulla storia e la validità di questo documento, cercando invano risposte dai ministri della Difesa di allora (tra i tanti, pure un certo Sergio Mattarella), qualche scossa comunque si verificò: il Senatore Giulio Andreotti, che con Francesco Cossiga nel '78 condivise le maggiori responsabilità della cosiddetta "linea della fermezza" che condannò a morte Moro, disse ad un certo punto questo: bisogna fare subito luce su quel documento di Arconte, perché se è vero, processate chi era allora al governo. Se risultasse falso, processate  Arconte! 
Bene, il documento fu analizzato, portato pure ad una trasmissione Rai, e quindi dichiarato dai periti compatibile con i documenti della marina militare italiana in uso nel '78. Che accadde ? Arrestarono forse Andreotti e Cossiga? Macché. Niente. Non accadde proprio nulla. Nessuno ne parlò più, anche perché la grande stampa italiana di quel documento in realtà non ne scrisse neanche quando se ne lamentava Andreotti...
Così Arconte ora si ritrova ancora a combattere una battaglia legale con la Rai che non gli ha mai restituito i documenti consegnati, che ora sarebbero scomparsi…  Lo stesso onorevole Grassi, che è anche vicepresidente dei deputati PD in Parlamento, ha recentemente riconosciuto le ragioni di Arconte dichiarando all'Ansa: "L'ex gladiatore Antonino Arconte denuncia da tempo le responsabilità della Rai nella scomparsa di materiali molto importanti sulla strage di via Fani.  Il Capitano di Vascello Antonino Arconte, che si e' rivolto anche alla magistratura, merita una risposta da parte dei vertici di viale Mazzini ai quali chiediamo noi oggi di intervenire sul caso".
E torniamo quindi allo scoperchiamento della vera storia della Repubblica d'Italia durante la Guerra fredda. Nino Arconte, ha pure scritto un libro sulle sue avventure da gladiatore a servizio dell'Italia e della Nato durante la Guerra Fredda. In L'ultima missione (Mursia 2014), in un capitolo G71 racconta per esempio di quando per la prima volta parlò a New York con il cronista che vi scrive queste righe, era l'estate del 1998. Per Arconte pubblicando la sua storia a New York, allora gli salvammo la vita: i suoi commilitoni delle centurie di Gladio, che avevano convissuto con lui quegli anni tra missioni segrete e il caso Moro, in un modo o nell'altro venivano in quei giorni, ad uno a uno, "suicidati".
moro
Ora Nino Arconte torna spesso a New York, ha un figlio che vive qui, è un manager di successo.  Così nell'ultimo suo viaggio, G71 è venuto a trovarci nel nostro ufficio al Palazzo di Vetro dell'ONU, ma questa volta non aveva voglia di parlare di quello che aveva già raccontato. Aveva semmai voglia di poter dire quello che finora non ha mai detto, e avrebbe voglia di raccontarlo alla nuova Commissione Moro. Arconte ci ha infatti raccontato di aver ricevuto una telefonata dell'On. Grassi che ha cercato di convincerlo ad andare a testimoniare di fronte alla commissione Moro. Ma Nino si rifiuta. Perché è sicuro che per quello che direbbe, per le accuse che farebbe, sarebbe querelato. 
Arconte dice di poter provare quello che vorrebbe dire, ma si è stufato di dover difendersi in un sistema giudiziario che ritiene lento e inaffidabile. Alla fine anche quando lo portano in tribunale, devono dargli per forza ragione, ma G71 non vuol perdere più anni della sua vita nelle corti di giustizia. 
Allora Nino Arconte, il gladiatore sopravvissuto,  ha una proposta per l'On. Grassi e la commissione Moro e ci ha pregato di diffonderla in questo giornale: G71 non solo risponderebbe a tutte le domande della Commissione sul quel documento, ma avrebbe tante altre cose da raccontare, cose inedite a quanto pare. Però a Roma o in qualunque altra parte d'Italia questa testimonianza non la rilascerebbe mai, data la mancanza di una totale immunità. Quindi  vorrebbe essere interrogato dalla Commissione Moro qui a New York, dentro l'ONU, nell'ufficio della VOCE. Perché, dice Arconte, sarebbe protetto dall'immunità delle Nazioni Unite, e saprebbe che poi la sua testimonianza potrebbe essere letta da tutti i cittadini italiani. 
Sentite che ci dice Arconte: "Io, purtroppo penso che solo internazionalizzando l’inchiesta sul colpo di Stato del marzo 1978 in Italia si potrà arrivare alla verità e salvare l’Italia dai golpisti ed eredi dei golpisti che l’hanno distrutta.  Per questo sono disponibile a testimoniare il vero a New York".
Qui potete ascoltare Arconte che nel nostro ufficio parla della sua volontà di testimoniare e del suo attaccamento alla patria. Ecco un particolare del pensiero di G-71: “La Patria non è mai lo Stato. Lo Stato è una struttura amministrativa che i popoli si danno per gestire la cosa pubblica. La sanità, la giustizia, le forze armate, i servizi segreti, la pubblica istruzione. Questi sono gli Stati. Se funzionano allora i popoli che sono le patrie, li mantengono. Se non funzionano più, i popoli hanno il dovere di scioglierli e farsene un altro. Ma quando è caduto lo stato fascista l’Italia non è morta… E quando si è sciolta l’Unione Sovietica, la Russia non è morta. E quando è caduto lo stato delle colonie inglesi, ecco è nata la patria americana…”
Gero Grassi
L'On. Gero Grassi
Allora onorevole Grassi, che si fa? Lo vogliamo accontentare G71 e andare a verificare se con la sua testimonianza si potrà ricostruire un tassello fondamentale di storia d'Italia? On. Grassi, la sua trasferta e quella di alcuni suoi colleghi della commissione Moro a New York potrebbe rivelarsi opportuna: potrebbe far spiegare ad Arconte chi diede a G71 quel documento che avvertiva del sequestro Moro prima che avvenisse e come poi sia riuscito a conservarlo… 
Forza On. Grassi, chissà quante domande avrebbe lei per Arconte, che non vede l'ora di parlare qui a New York, dentro il Palazzo di Vetro. Chissà che non tocchi a G71 riuscire a svelare chi ci fosse in via Fani, chi fosse a sparare così bene da dietro una Austin Morris parcheggiata al posto giusto e al momento giusto. E magari anche chi ci fosse sopra una motocicletta Honda… E ancora, chissà, magari G71 potrebbe aver saputo qualcosa anche su quella bomba scoppiata sul treno Italicus partito da Roma il 3 agosto del 1974, un treno in cui avrebbe dovuto viaggiare, ma guarda che coincidenza, anche l'On. Aldo Moro…

1 commento:

  1. Divertente! Probabilmente a Roccella non fa caldo e ci si passa il tempo con tavole rotonde che sanno solo di ventaglio ed acqua minerale. Suvvia, questo illustre paese ha FORSE superato quella fase tragica complottista di quegli anni in cui tutti erano contro tutti. Capire chi ha ucciso Moro o chi ha impiccato Calvi o chi ha avvelenato Sindona o peggio ancora, ammettere la verità su Ustica....etc vorrebbe dire non essere italiani. Questo è il paese delle lobbies ficcatevelo in mente, in cui tutto e possibile ma poco è concesso. La verità vera è che la vera verità oramai non ha più senso o quantomeno non è più importante. Giuseppe - Milano

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