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Roccella in vetrina

mercoledì 18 gennaio 2023

GENITORI E “LEGGE” ASSOLVONO MALEDUCAZIONE E VIOLENZA E I PROFESSORI CIRENEI OBBLIGATI A PORTARE LA CROCE

di Vito Pirruccio.



I Soci, gli Amici di “I Care!”, i lettori e il popolo dei social ricorderanno la vicenda dell’insegnante di Scienze, la professoressa Maria Cristina Finatti di 61 anni, in servizio presso l’Istituto Superiore “Viola-Marchesini” di Rovigo, fatta bersaglio in classe l’11 ottobre scorso, mentre faceva lezione, con pallini di gomma sparati da un alunno; un altro che filmava la scena diventata virale e un altro, ancora, che si sbarazzava del corpo del reato buttando l’arma giocattolo dalla finestra. Il tutto accompagnato dalle risate generali degli altri studenti della classe composta da 24 alunni. 

Un mese dopo l’accaduto, nell’ambito della sesta puntata del programma “Lo sguardo di I Care”, in onda ogni martedì sera su TELEMIA canale 76 del digitale terrestre, siamo andati a commentare il fatto, a dir poco increscioso, all’Istituto Comprensivo “E. De Amicis” di Platì, diretto dalla collega prof.ssa Daniela Perrone, senza preannunciare l’argomento specifico sul quale ci saremmo soffermati e registrando una magistrale lezione di buona educazione e di civiltà offertaci dal Dirigente Scolastico, dal Personale Docente e ATA, dai genitori, ma soprattutto dagli alunni che vi invito a seguire, per darvene un’idea, sul canale You Tube e sul sito dell’Associazione “I Care!”. 


Perché il gesto di inciviltà avvenuto nel profondo Nord commentarlo a Platì, una terra del nostro profondo Sud spesso etichetta dai media omertosa e mafiosa?

I fatti incresciosi accaduti nell’istituto di Rovigo non hanno avuto, nell’immediatezza dell’accaduto, il rilievo mediatico che, invece, meritavano: qualche commento da parte della scuola teatro dell’atto violento; qualche inchiesta da parte dei giornali locali; una fugacissima apparizione sui media nazionali.


Se un fatto del genere fosse accaduto a Platì o in qualsiasi altro paese della Calabria, sono certo, non sarebbero mancate, viste le sequenze diffuse in rete, i commenti a base delle consolidate categorie della mafiosità e dell’omertà. 


Ventiquattro alunni ripresi a sghignazzare su un gesto per il quale avrebbero meritato, nell’immediatezza dell’accaduto, sonori e ripetuti ceffoni, sono stati, invece, trattati con le solite categorie misericordiose della psicologia e della sociologia da strapazzo.

E i commentatori salottieri, sempre pronti con le etichettature di comodo, si sono guardati bene, avendo di fronte il Nord “europeo”, dall’utilizzare gli appellativi individuali e collettivi di mafioso e omertoso. 


Oggi, a distanza di tre mesi dall’accaduto, apprendiamo che il Consiglio di Classe, il 18 ottobre scorso, ha decretato la sospensione di 5 giorni dalle lezioni (solo cinque, secondo il regolamento misericordioso della scuola inclusiva) all’autore materiale dello sparo e a quello del filmato; 2 giorni (secondo il più che misericordioso principio di gradualità della colpa e della pena) al proprietario della pistola-giocattolo e all’autore dell’occultamento del “corpo del reato”, arnese portato in classe come strumento complementare alla penna.


Non solo! Pensavamo che non si trovasse tra i genitori dei restanti 20 alunni omertosi qualche “sindacalista” del proprio pupillo? Sorpresa: trovato! Un genitore “attento”, con tanto di carta semplice, presenta ricorso interno (Ci siamo risparmiati il giudice onorario o togato) per violazione del relativo regolamento di disciplina dell’istituto.

Trovato l’errore (il cavillo dell’azzeccagarbugli) nella stesura del testo di provvedimento “punitivo”, la scuola si trova “costretta” ad annullare l’atto di sospensione. E, come nel più classico rigorismo all’italiana, gli alunni l’avranno fatta franca e la docente-vittima, se non vuole ingoiare il rospo della beffa, deve presentare querela. Il tutore della legge sarà meno misericordioso? I tempi della giustizia sono quelli che sono … non ci resta che attendere come andrà a finire la vicenda.

Morale della favola? 


Si vuole continuare a scuola ad avere docenti deboli e alunni (complici i genitori) arroganti e strafottenti? Non bisogna, per favore, scomodare psicologi né pedagogisti, basta continuare sulla strada maestra vista all’opera nel profondo Nord “europeo” e farne tesoro. Io, scusate l’arrendevolezza pedagogica meridionale di stampo paesano, sto con la civilissima scuola di Platì e con i metodi pedagogici appresi in un agricolo paese della collina soveratese quando i genitori sapevano saggiamente educare con carezze, sguardi pungenti e sonori ceffoni accompagnati dall’’invito chiaramente sillabato alla maestra: MI-NA-TI!

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