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Roccella in vetrina

martedì 27 luglio 2021

I professionisti dell’antimafia, oggi, ricordando, ieri, Sciascia

di Carlo Maria Muscolo

Sulla manifestazione di domenica scorsa a Polsi si sono innescate polemiche, su cui non ritengo di intervenire, ma che mi spingono a ricordare la polemica suscitata da Sciascia, anni fa, e che appare tanto attuale e che contiene una precisa chiave di lettura dei fatti di oggi.


Leonardo Sciascia il 10 gennaio 1987 pubblica sul Corriere un lungo articolo titolato: "I professionisti dell'antimafia". Nella prima parte discute di un libro di Christopher Duggan sulla mafia durante il fascismo, sostenendo che l'antimafia può raggiungere «un potere incontrastato e incontrastabile» e trasformarsi in uno «strumento di potere». Nella seconda parte dà concretezza a queste astratte riflessioni, portando due esempi. Quello del sindaco di Palermo Leoluca Orlando (senza farne il nome) e (con nome e cognome) quello di Paolo Borsellino, appena diventato procuratore di Marsala «per meriti antimafia». Sciascia era stato spinto a scrivere dal magistrato candidato procuratore che, benché avesse maturato un'anzianità maggiore, era stato sconfitto da Borsellino. La competenza e la professionalità avevano finalmente battuto, forse per la prima volta, le ragioni dell'anzianità.

Il Coordinamento antimafia di Palermo (300 iscritti) emette un duro comunicato che critica Sciascia, afferma che con quell'intervento lo scrittore si è messo ai margini della società civile e lo qualifica come un «quaquaraquà». Sciascia, scrive il Coordinamento, per una «certa affinità di cultura», ha nel suo cuore non Orlando, ma un sindaco come Vito Ciancimino, «che gestiva la cosa pubblica in nome e per conto della mafia».

E scoppia la polemica.


A difendere Sciascia si muove uno schieramento compatto e bipartisan di giornalisti, intellettuali, politici, di destra e di sinistra (fino a Rossana Rossanda sul Manifesto). I toni sono da difesa della libertà d'espressione contro la dittatura della maggioranza, da battaglia contro il conformismo dell'antimafia.

Dall’altra parte gli intellettuali che cercano di capire le ragioni del Coordinamento: Corrado Stajano, Nando dalla Chiesa, Eugenio Scalfari, Giampaolo Pansa, Stefano Rodotà, Franco Rositi. La scia di Sciascia, viene strumentalmente sfruttata da tutta la palude siciliana e nazionale che coglie un'occasione ghiotta (e insperata) per attaccare i magistrati attivi contro Cosa nostra e i movimenti antimafia.

Il 2 gennaio 2006 Pierluigi Battista, a seguito di due precedenti articoli di Attilio Bolzoni su Repubblica e di Sandra Amurri sull'Unità, riprende la polemica e chiede a chi vent'anni fa criticò Sciascia di chiedere scusa allo scrittore. Interviene di rincalzo Piero Ostellino, che da direttore del Corriere vent'anni fa curò la regia giornalistica dell'intervento di Sciascia.

Reagisce, sull'Unità, Nando dalla Chiesa, che cerca di ristabilire i fatti: Sciascia non fece un generico intervento contro l'antimafia che può diventare strumento di potere (in astratto, può essere certamente vero); ma attaccò direttamente Paolo Borsellino, colpevole di aver fatto carriera per meriti antimafia. E per quali meriti si deve far carriera, in questo Paese? Per meriti di mafia? Perché chiedere scusa e di cosa?

Borsellino cinque anni dopo fu ucciso da Cosa nostra. Culmine della carriera di un professionista dell'antimafia. Davvero Sciascia si riconciliò con Borsellino, prima della strage di via D'Amelio? Di certo Borsellino tornò su quell'episodio nel suo ultimo discorso pubblico prima di morire, la sera del 25 giugno 1992 alla Biblioteca comunale di Palermo. Il magistrato parlò, quella sera, con un'intensità mai vista: parlò dei tempi brevi che doveva darsi, dell'amico Giovanni Falcone appena ucciso, del «giuda» che lo aveva tradito al Csm, dell'interminabile campagna di delegittimazione dei magistrati antimafia di Palermo: «Tutto cominciò con quell'articolo sui professionisti dell'antimafia», scandì, prima di ricevere dodici, interminabili minuti d'applausi, con cui i mille presenti, in piedi e con la pelle d'oca, vollero fargli sentire da vivo quel sostegno che Falcone non aveva potuto sentire.

E viene dunque da chiedersi: qualcuno dei sostenitori di Sciascia ha mai chiesto scusa a Borsellino?

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