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Roccella in vetrina

giovedì 18 febbraio 2021

IL PRESIDENTE DRAGHI E L'ITALIA DEI DOVERI

di Vito Pirruccio


Ho ascoltato ieri il discorso del Presidente Draghi al Senato e mi ha colpito, non solo il tono sobrio e contenuto del suo parlare, tanto estraneo, da molto tempo, alla politica italiana, ma quei richiami energici al dovere, allo spirito repubblicano e al ruolo della scuola e dell’educazione: “Nei momenti più difficili della nostra storia, l'espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza”.



Un richiamo quello del prof. Draghi alla grande visione mazziniana repubblicana che mi ha spinto a rileggere “Doveri dell’Uomo” di Giuseppe Mazzini, il libro ristampato dalla Libreria Politica Italiana Moderna di Roma nel 1946 e distribuito gratuitamente, insieme a una copia ridotta dei “Promessi Sposi”, nelle Scuole Popolari istituite nell’immediato dopoguerra per combattere il triste fenomeno dell’analfabetismo adulto e per completare l’istruzione elementare. Con il DL n. 1559/1947, il Governo di Alcide De Gasperi darà seguito all’impegno assunto dai Costituenti di operare una massiccia campagna di istruzione ed educazione reclutando insegnanti alla men peggio, molti dei quali reduci del secondo conflitto mondiale, e trasferendo alle masse popolari grandi dosi di istruzione e di educazione ai doveri di cittadinanza.

Rileggiamo il dispositivo del decreto citato: "É istituita una scuola popolare per combattere l'analfabetismo, per completare l'istruzione elementare e per orientare all'istruzione media o professionale. La scuola è gratuita diurna o serale, per giovani ed adulti e viene istituita presso le scuole elementari, le fabbriche, le aziende agricole, le istituzioni per emigranti, le caserme, gli ospedali, le carceri e in ogni ambiente popolare, specie in zone rurali, in cui se ne manifesti il bisogno".

Sarà dentro questo quadro politico-pedagogico che i Governi di Unità Nazionale costituiti nel dopoguerra concepiranno il ruolo delle Scuole Popolari e la distribuzione gratuita all’interno delle stesse delle due opere di Mazzini e di Manzoni. Ho il piacere di avere entrambi i testi, ingialliti dal tempo, custoditi da mio padre, allievo della Scuola Popolare, nella cassetta degli attrezzi da calzolaio ritrovata nella mia casa-cantina.

Da dove partire per conquistare l’emancipazione e il riscatto del Paese stremato da una grave crisi economica e sociale conseguenza della dittatura fascista e di un devastante conflitto mondiale? I governi a guida De Gasperi si sono serviti dell’appello mazziniano contenuto nell’opera “I Doveri dell’Uomo”- capitolo IX “Educazione” -: “La vostra libertà, i vostri diritti, la vostra emancipazione da condizioni sociali ingiuste dipendono dal grado di educazione che vi è dato raggiungere. Senza educazione voi non potete scegliere giustamente tra il bene e il male; non potete acquistar coscienza dei vostri diritti; non potete ottenere quella partecipazione nella vita politica senza la quale non riuscirete ad emanciparvi: non potete definire a voi stessi la vostra missione. L’educazione è il pane delle anime vostre. Senz’essa le vostre facoltà dormono assiderate, infeconde …”. L’altro richiamo mazziniano è quello dei doveri: “Perché vi parlo io dei vostri doveri prima di parlarvi dei vostri diritti? …Intendetemi bene quand’io dico, che la conoscenza dei loro diritti non basta agli uomini per operare un miglioramento importante e durevole, non dico che rinunziate a questi diritti: dico soltanto che non sono se non una conseguenza di DOVERI adempiti, e che bisogna cominciare da questi per giungere a quelli…”

Il lungo richiamo allo spirito repubblicano mazziniano dentro il quale mi sono preso la libertà di collocare l’asciutto e sincero intervento del prof. Draghi al Senato è contenuto, a mio avviso, nelle prime proposte annunciate dallo stesso Presidente Draghi e da alcuni esponenti del nascente Governo di Unità Repubblicana, ma già avversate da quel mondo rumoroso e corresponsabile del declino attuale: recuperare i giorni di scuola persi a causa della pandemia e far rientrare nell’alveo dell’eccezionalità e non della normalità lo smart working.

Solo ai primi accenni di prorogare la scuola al 30 giugno (Nella Scuola dell’Infanzia gli insegnanti lavorano da sempre fino al 30 giugno e non si sentono per questo defraudati nei loro diritti), apriti cielo! Sui social, la nuova piazza globale delle grida e dei lamenti, è possibile scorrere una carrellata di nobili e meno nobili interventi, perché la DaD e lo smart working, a dire dei nuovi fermenti digitali, rientrano nel superlavoro e guai a privare gli interessati del meritato riposo!

Alla DaD e allo smart working nella P.A., risposte adattate alle conseguenze eccezionali della pandemia, bisognerebbe avere il coraggio e l’onestà di dargli il giusto peso: risposte emergenziali e, nella stragrande maggioranza dei casi, a scorrimento alternato e lento. Infatti, com’è risaputo, a scuola e nella P.A. in cui si lavora con contratti definiti su obbligazioni di mezzi e non di risultati, il lavoro è già a scorrimento lento (fatti naturalmente i debiti distinguo) quanto si opera in presenza e nella normalità, figurarsi quando si opera a distanza!

Quando si opererà un consuntivo, se mai ci sarà tempo e voglia, sia la DaD che lo smart working non potranno che consegnarci un dato generale che, già oggi, è sotto gli occhi di tutti: forte contenimento del fattore tempo dedicato all’attività lavorativa e, soprattutto, un conseguimento minimo sul versante dei risultati. Discorso a parte merita l’impiego di tali aspetti dell’organizzazione del lavoro nel settore privato, già da tempo in vigore, nel quale i contratti sono centrati su obbligazioni da risultato, il vero fulcro organizzativo del sistema di lavoro che crea efficienza.

Se la scuola, settore di mia competenza, e la P.A. cominciano a catalogare la DaD e lo Smart Working come modelli di neo-stakanovismo e dimenticano il soggetto utente, vera vittima della pandemia, il discorso sui doveri del Presidente Draghi sarà l’ennesima vox clamantis in deserto che lascerà strada libera, ancora una volta, alla vera piaga del nostro Paese: il pensiero diffuso che il mazziniano richiamo al proprio dovere non deve confliggere con i sacrosanti diritti, anche se questi sono abituali lassismi del sistema-paese.



P.S. : Ieri Francesco Bechis ha intervistato Maria Romana De Gasperi, 97 anni, figlia di Alcide De Gasperi. Cliccare sul link sotto riportato, tratto da Formiche.net, per ascoltare l’intervista per intero.

“Intervista a Maria Romana De Gasperi, figlia primogenita dello statista trentino e presidente onoraria della Fondazione De Gasperi. Draghi? È l’unico che può tirarci fuori. Il suo arrivo non è una sconfitta della politica, anzi. Ora ricostruiamo un Paese. Mio padre ci riuscì con Togliatti e Nenni, si può fare anche oggi” https://formiche.net/2021/02/draghi-la-ricostruzione-e-mio-padre-parla-maria-romana-de-gasperi/

1 commento:

  1. Draghi è un uomo preparato nella sua sfera di competenze che però, secondo me, con la sua entrata in campo, ha umiliato una classe politica, tutta, incapace di guidare un paese allo sbando. Giuseppe Mazzini un vero patriota, almeno la storia così ce lo racconta; Alcide De Gasperi un uomo per bene di quelli che oggi non lo trovi nemmeno con il lanternino. La Scuola? Potrebbe essere definita in molti modi, una specie di torre di babele, piuttosto che un pozzo senza fondo, un labirinto, un buco nero, etc, una cosa è certa, essa per l'importanze che riveste per i nostri giovani, andrebbe riformata dalla testa ai piedi, messo e concesso che ancora oggi si riescano ancora a trovare testa e piedi. Così non va e centra poco la DaD perché non andava nemmeno prima. Le infrastrutture sono fatiscenti ma chi vi lavora in quelle infrastrutture spesso è più fatiscenti di esse. Come in ogni area lavorativa la scuola è fatta di gente con passione, umiltà e sacrificio e da gente a cui purtroppo non gliene frega nulla ne della scuola ne tantomeno degli studenti. Quest'ultimi sono il male della scuola, il freno, il cancro di un sistema marcio che in queste condizioni e con queste regole non potrà mai decollare. Occorrono regole certe e volendo anche dure. Non è possibile che un insegnante possa "agire" sulle regole traendo benefici e vantaggi per se stesso a discapito di decine e decine di ragazzi. Ogni anno si assiste a walzer di cattedre che rimangono vuote per mesi, e ad una specie di mercato delle vacche. Insegnanti che a malavoglia vanno al nord con l'unico scopo di accaparrarsi una cattedra che appena le regole glielo consentiranno, abbandoneranno per rincasare al sud senza perderci un centesimo, già, perché quello che importa a quella gente che definire insegnanti è veramente troppo è quello di non smenarci nemmeno un centesimo. La scuola purtroppo è anche piena di gente incapace ed impreparata che non può minimamente pensare di poter trasmettere cultura agli studenti. La nostra scuola è un problema tutto italiano che ben conosciamo e che con le regole vigenti e con il garantismo statale difficilmente potrà essere risolto. Amen

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