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Roccella in vetrina

venerdì 26 gennaio 2018

Treno deragliato, la lettera di un sopravvissuto: "Mi vergogno"

Non scrivo quasi mai di notizie a livello nazionale, ma questo pezzo mi ha colpito in maniera particolare e commosso perché è una testimonianza di una persona comune che viaggiava sul treno deragliato alle porte di Milano.
 
Una persona, secondo me, dalla straordinaria sensibilità che vince l'istinto di correre e salvarsi a favore della ragione che lo porta ad aiutare le altre persone a scendere dal terno nel momento in cui è accaduto il deragliamento del treno. In un attimo la sua grande bontà d'animo e il suo altruismo vincono sullo shoc della sua scampata morte.
 
E nonostante questo sente un senso di vergogna per non essere riuscito a fare di più!!! Tanto di cappello sig. Enrico Guelfi, persone cosi umili e semplici ma allo stesso tempo con un cuore immenso sono secondo me portate verso la santità.
 
 

Rivivo tutto, istante dopo istante, e con la mente sono di nuovo sull’ultimo vagone del treno, nel momento in cui si sentono le mitragliate dei sassi contro il pavimento, e il fumo e le scintille e lo sbandamento a oltre 100km orari, sono le parole di Enrico Guelfi, sopravvissuto all'incidente ferroviario a Pioltello.

L'uomo, dopo il disastro che ha provocato tre vittime e centinaia di feriti, scrive a Massimo Gramellini e ripercorre le ore del tragico incidente.

Una volta scappato dal finestrino, sento il silenzio. Anzi, le urla nel silenzio. A quel punto provo un moto di vergogna, perché mi sono preoccupato di mettermi in salvo, piuttosto che di accertarmi che le persone nel mio vagone stessero bene.

Ma poi mi riprendo e aiuto a far scendere alcune donne da un finestrino rotto. Faccio la spola intorno a ciò che resta del treno perché voglio capire come essere d’aiuto, ma mi rendo conto subito della mia impotenza. Rispondo ai telefoni di quelli bloccati nelle lamiere, mento sull’arrivo dei soccorsi, faccio da stampella a chi  non riesce a camminare.

L'uomo racconta il senso di vergogna per non aver fatto abbastanza.

Ho scoperto che per Trenord si è trattato di uno 'svio'. Leggo questo strano vocabolo quando sto per riabbracciare la mia famiglia alla stazione di Treviglio.

Dapprima avverto un pugno nello stomaco che mi fa piangere tutte le lacrime che sono riuscito ad ingoiare durante le 4 ore precedenti.

Per fortuna arrivano i primi soccorsi e allora, spaventato, triste e frustrato, getto la spugna e mi lascio trasportare dagli eventi. Il resto è un capolavoro di organizzazione.

Riapro gli occhi e sono di nuovo fuori dalla stazione di Treviglio, curato, consolato e scaldato, e realizzo che non serve a nulla essere straordinari nel rimediare agli errori se poi si continua a 'sviare' la volontà di prevenirli.

E anche qui mi viene il più grande, moto di vergogna. Da Italiano.

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